10 Giugno 2021

Mazal Tov! Otto curiosità sul matrimonio ebraico dalla nuova mostra al MEIS

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Con l’estate e le riaperture ritorna anche il MEIS con una mostra leggera e colorata, come una festa al contempo allegra ma carica di significati quale è il matrimonio.

Mazal Tov! racconta uno dei riti più affascinanti dell’ebraismo, uno dei più narrati e documentati sia dal mondo cinematografico che letterario, un momento chiave nella vita di ogni famiglia, scandito da regole e consuetudini che si tramandano da generazioni. La scelta dell’argomento è particolarmente azzeccata in un periodo come questo difficile per tutti, e vuole essere anche un messaggio di spensieratezza e speranza in questi mesi estivi di vaccini e progressivo ritorno alla normalità. Quale modo migliore per affrontare questo momento se non parlando di unione, amicizia, festa e nuove famiglie che nascono? 

La mostra è curata da Sharon Reichel e Amedeo Spagnoletto ed è allestita dall’Arch. Giulia Gallerani, ha inaugurato lo scorso 5 giugno al Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara-MEIS e rimarrà aperta fino al 5 settembre. Il percorso espositivo interamente al pian terreno, nel blocco centrale del MEIS, si snoda attraverso testi e oggetti tipici del rito religioso, ma anche regali e biglietti, album di famiglia e tante foto ricevute proprio da parte della comunità ebraica italiana, il tutto alternato ad opere d’arte contemporanea e installazioni video che ci portano nel cuore della parte più festosa di ogni unione civile o religiosa che sia: quella del banchetto nuziale.

Dario Disegni, Presidente del MEIS e Amedeo Spagnoletto, Direttore – Foto di Giacomo Brini

Per accompagnarvi nella visita vi proponiamo otto curiosità tra ciò che troverete raccontato e documentato in mostra, tra le cose che ci hanno maggiormente colpito.

Perché si indossa un anello?
Come ogni matrimonio che si rispetti serve un momento formale che ne sancisca il vincolo. Nell’ebraismo quest’atto prende il nome di Qiddushin, che significa santificazione o destinazione. Il senso rimanda al rapporto uomo-donna che diventa univoco, esclusivo. Originariamente erano previste tre modalità alternative: la consegna alla donna dell’equivalente di una somma in denaro o di un oggetto di valore analogo alla presenza di due testimoni, la consegna di un documento sottoscritto o la consumazione di un rapporto consensuale a scopo di matrimonio. Nei secoli si è imposta come opzione la prima e quindi si è diffusa l’usanza di consegnare come manufatto prezioso un anello, indossato dalla donna in modo perpetuo. Come per tante altre parti del mondo l’anello è infatti il simbolo tondeggiante dell’eternità e della vita.

Fede nuziale, 1865 – Foto di Giacomo Brini

La Ketubbah, il contratto prematrimoniale
In ebraico significa scritto, ed è un documento in cui sono incluse le responsabilità del marito nei confronti della sposa, come l’impegno ad onorarla, non farle mancare vestiti, alimenti e ogni necessità. Al suo interno è definito l’importo della dote, viene prevista obbligatoriamente una somma aggiuntiva che il marito si corrisponderà alla moglie in caso di divorzio. Questa sorta di contratto prematrimoniale, che spesso siamo abituati a vedere nei matrimoni vip di star di Hollywood o persone particolarmente benestanti, nasce come istituto giuridico a tutela della moglie, un deterrente per evitare che questa venga ripudiata a cuor leggero senza garanzie. Erano documenti stilati a mano e impreziositi da ornamenti e disegni: in mostra ce ne sono di varie epoche ma uno in particolare colpisce per un particolare insolito… è composto da frasi scritte in miniatura che compongono esse stesse il disegno complessivo intorno.

Dettaglio di una Ketubbah di nozze utilizzata a Modena nel 1728, manoscritto su pergamena – Foto di Giacomo Brini

Miqveh: un bagno purificatore
Il giorno prima delle nozze la sposa è accompagnata al miqveh. Qui si immerge nell’acqua senza nient’altro addosso, inclusi smalti, anelli o trucchi, che impediscano il contatto diretto con l’acqua. Dal matrimonio in avanti, la donna ebrea è chiamata a ripetere questa immersione nei giorni che seguono ogni ciclo mestruale. Il miqveh infatti è un bagno che serve a rendere ritualmente pura la persona che vi si immerge, più spiritualmente che fisicamente.

Chateleine, o castellana: un oggetto che ovviava in passato alla mancanza di tasche nelle gonne e veniva agganciata a una cintura dalla quale pendevano utensili utili per la donna, come ditali, coltellini, matite e taccuini – Foto di Giacomo Brini

La Chuppah
La cerimonia ha luogo sotto la chuppah, un baldacchino che rappresenta simbolicamente la loro futura casa. Nell’antichità era la tenda o la stanza dello sposo, questa usanza si è poi evoluta fino all’attuale composizione di un tessuto teso su quattro pali, in alcuni casi sostituito dal talled, il manto di preghiera dell’uomo, che si stende sul capo degli sposi. A volte il baldacchino viene costruito all’esterno, sotto il cielo di stelle, in segno di buon augurio, a volte invece all’interno di una sinagoga.

Foto di Giacomo Brini

Rompere il bicchiere 
Gli sposi si trovano sotto al baldacchino insieme a due testimoni e all’officiante, di solito un rabbino. Dopo la lettura e la consegna alla sposa della ketubbah, si recitano le sette benedizioni nuziali, canti rituali dedicati al matrimonio e al futuro della coppia. Quindi il celebrante porge un calice di vino agli sposi e ciascuno ne beve un sorso, ma è compito dello sposo rompere il bicchiere subito dopo. Un’usanza che può sembrare strana in un momento di gioia e festa, ma ricorda simbolicamente la distruzione del Tempio di Gerusalemme. Le parole che vengono pronunciate in quel momento provengono infatti da un verso del salmo 137: “Se ti dimentico, Gerusalemme, si paralizzi la mia destra”.

Jenny Hassan, Il calice degli sposi, 10 maggio 2021, opera materica su tela – Foto di Giacomo Brini

Maschi da una parte, femmine dall’altra!
Dopo la rottura del bicchiere tutti gli invitati gridano Mazal Tov, augurio di buona fortuna che accompagna gli sposi nella nuova vita insieme. Quindi è il momento del banchetto e dei balli: gli sposi sono festeggiati quasi fossero re e regina e vengono loro dedicati canti e balli durante i quali vengono sollevati sopra a delle sedie, attorniati da parenti e amici. Soltanto loro balleranno insieme, durante la serata ogni altra danza avverrà tra gli uomini da una parte e tra le donne dall’altra, rigorosamente divisi dopo aver banchettato insieme.

Alcune polaroid di matrimoni ricevuti dalla comunità ebraica – Foto di Giacomo Brini

Epitalamio: l’antenato dei cartelloni di laurea
Presso le famiglie più istruite e benestanti, in particolare tra Seicento e Ottocento, era diffuso l’uso di festeggiare gli sposi con inni e sonetti composti sia in italiano che in ebraico. I componimenti contenevano riferimenti, giochi di parole, metafore che svelavano aspetti legati alle famiglie, un po’ come oggi si fa con i laureati nei cartelloni (o papiri) a loro dedicati appesi fuori dalle facoltà, certo in modo molto più triviale e goliardico. Questi attestati di amicizia erano riprodotti su carta o su pergamena, talvolta addirittura stampati sulla seta.

L’incipit di un epitalamio – Foto di Giacomo Brini

Un album del matrimonio… pieno di vip!
In mostra tra gli oggetti e i regali legati ad alcune nozze storiche di cui si è recuperata traccia c’è anche un album del tutto particolare. Si tratta di un dono di Sabatino Lopez, critico letterario e commediografo di successo a cavallo di inizio Novecento: in occasione del matrimonio di suo fratello Corrado nel maggio del 1899, fece realizzare questo libro con una raccolta di autografi e dediche di personaggi di spicco dell’ambiente culturale e artistico. Tra i nomi che compaiono, uno per pagina con piccoli componimenti, saluti e appunti troviamo Giosuè Carducci, Giovanni Pascoli, Giovanni Verga, Giacomo Puccini, Eleonora Duse, Roberto Bracco e le sorelle Gramatica. Ben sessantacinque autografi scritti nei mesi precedenti ma la cui raccolta è andata avanti anche negli anni successivi, fino al 1928. Non è l’unico esempio di questo tipo di regalo: la moda di raccogliere testi e disegni aveva avuto probabilmente origine nella prima metà dell’Ottocento e non era limitata ad occasioni nuziali, rappresentando anche un ricordo d’amicizia.
Se siete curiosi di saperne di più c’è una sezione del sito del MEIS dedicato esclusivamente a questo album speciale: https://mazaltov.meis.museum

La dedica di Trilussa sull’album di nozze di Lopez – Foto di Giacomo Brini

INFO
La mostra sarà aperta al pubblico dal 4 giugno 2021 al 5 settembre 2021. Il prezzo del biglietto sarà di 7 euro (5 euro per chi ha diritto alla riduzione) e comprenderà anche la possibilità di visitare il percorso permanente “Ebrei, una storia italiana”; la mostra multimediale “1938: l’umanità negata” e il video “Con gli occhi degli ebrei italiani”.
Il museo sarà aperto dal martedì alla domenica dalle 10 alle 18.
Sito: https://meis.museum/mostre/mazal-tov/