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Questa storia inizia negli anni Ottanta, in una Ferrara molto diversa dall’attuale perfino nei ricordi di un trentenne, quando a circa 4 o 5 anni andavo a tagliare la zazzera ancora biondastra dal mio barbiere di fiducia. Erano a dire il vero in due a portare avanti l’attività in una bottega sotto i portici di corso Porta Reno, dove oggi c’è un negozio di arredamento o la reception di un albergo, chi lo sa. Ezio, il più anziano, piccoletto con un nasone adunco e lo sguardo bonario e Tonino, più giovane, con la barba e gli occhiali.
Proprio Tonino, al secolo Antonio Bui, è oggi il titolare dell’Erboristeria del Grattacielo, l’ultimo negozio italiano rimasto aperto alla base delle due torri insieme ad una fumetteria. Da anni passo frettolosamente davanti alla piccola vetrina dell’erboristeria mentre vado in stazione pensando di andare a trovare Tonino, vedere cosa fa, di cosa si occupa ora, come vanno le cose ora che intorno a lui è tutto cambiato rispetto quando ha iniziato una nuova vita come erborista. Chissà se si è integrato, se ha fatto amicizia e se ci sono ancora tante persone che si recano ogni giorno in negozio.
Un mestiere d’altri tempi quello dell’erborista, lento e gentile, di chi studia le piante e si prende cura della propria salute, del proprio tempo. Ho come l’impressione che la sua bottega non avrà lo stesso aspetto di alcune parafarmacie da centro commerciale, ma abbia mantenuto intatto il suo fascino senza tempo tra sacchetti, cassetti e vecchie scatole preziose.
Quando varco la soglia dell’erboristeria, qualche giorno fa, sono passati 28 anni dall’ultima volta che ci siamo incontrati ma l’avrei riconosciuto ugualmente anche per strada. Tonino sa che l’avremmo intervistato per Listone Mag ma non conosce o riconosce la mia identità e in un primo momento decido di non buttarla sui ricordi stando invece sull’attualità.
La bottega è proprio come la immaginavo, sobria ed essenziale: un piccolo tavolo con un mortaio vicino all’ingresso, un vecchio baule verde, tanti cassetti con etichette bianche scritte a mano, sacchetti di varie erbe sconosciute sugli scaffali, foto di montagne scolorite appese ai muri e qualche tavola botanica per riconoscere i funghi, di quelle che vedevo da bambino dai nonni e ora non si trovano forse più.
“Guardi, io resisto qui perché ho più di 70 anni e non so se posso darlo a qualcun altro questo lavoro, spero in mio nipote… – mi racconta con fervore appena dopo un saluto veloce -. Lavoro con le erbe, non mi piacciono le cose moderne, io non uso il computer o quei telefoni li che vanno in internet, sto benissimo senza… il computer ci rende stupidi e tutto quello che serve c’è già sui libri, basta avere voglia di andarlo a cercare.”
Quindi non leggerà mai quello che scriverò su di lei, finirà in rete insieme ad altri articoli…
Vorrà dire che me lo stamperai e me lo porterai, così potrò leggerlo. Tutto questo tecnicismo noi settantenni non lo vogliamo, vorremmo poterci integrare nel mondo di oggi nel modo che ci piace e che abbiamo sempre conosciuto, oggi sembra che se non segui l’andazzo generale non puoi andare avanti…
È difficile portare avanti un’erboristeria nel 2016?
Ho fatto questo lavoro negli ultimi trent’anni, prima mi occupavo di altro. La disoccupazione non c’è solo adesso, a 40 anni è capitato anche a me di dovermi reinventare. Ho frequentato un corso all’Università di Urbino e speso una bella somma per imparare ogni cosa per rilevare questa attività. Mi dispiace se non potrò tramandare a qualcun altro le mie conoscenze.
Diceva di suo nipote.
Mio nipote si sta laureando (di nuovo) e forse mi seguirà nella gestione di questo negozio: oggi c’è l’obbligo della laurea per un’attività simile, un tempo no. Lui ha 37 anni e una laurea di cui non si fa nulla perché non trova lavoro, così si è deciso a riprendere in mano i libri. Io ne ho 72 e non ho più voglia di costruire qualcosa, non sono nemmeno più costretto a farlo… se invece viene qui qualcuno di giovane può dare nuova linfa e migliorare la situazione. Gli darò una mano io, come i due signori che avevano questo negozio in precedenza mi hanno affiancato per insegnarmi ogni cosa prima di lasciarmelo. Ho imparato più da loro che all’università.
Quindi c’è speranza di poter rilanciare un’attività in una zona come questa?
Siamo andati bene per una ventina d’anni, ma dalla fine degli anni Novanta in poi… Qui al grattacielo abbiamo cominciato a tirarci la zappa sui piedi: questo non va, quello non va, c’è un brutto clima… Mi dice lei una città dove non ci sia degrado nella zona intorno alla stazione? Ormai ci siamo fatti un brutto nome. Sono costretto a tenere aperto solo di mattino, le signore al pomeriggio non vengono nemmeno.
Perché d’inverno fa buio presto e hanno paura.
Esattamente. C’è una clientela affezionata che viene per delle preparazioni che vendo da tanti anni e non hanno idea di come fare quando non ci sarò più io. Quando sei abituato in un modo vorresti che fosse per sempre ma non sono eterno…
La sera però non vive in questo quartiere.
No, sto dalla parte opposta della città, vengo qui ogni giorno in bici, l’auto la adopero soltanto per le spese, come un carretto.
E con i negozi qui a fianco o qualche abitante delle due torri non c’è alcun tipo di rapporto? Nemmeno un buongiorno e buonasera saltuario?
Non c’è alcun rapporto purtroppo con i vicini. Si parla molto di integrazione ma la maggioranza di chi abita la zona è straniero e qui da me ne vedrò entrare uno o due all’anno. C’è la loro macelleria qui a lato, o il barbiere… frequentano i loro negozi.
Bisogna dire che non ho nemmeno mai visto scene di delinquenza intorno a queste attività, sui giornali se ne parla ogni giorno ma è qualcosa che capita nel parco di sera, non al mattino quando tengo aperto.
* * *
Entra una cliente di una certa età, conosce Tonino come forse tanti abitudinari frequentatori dell’erboristeria, chiede della moglie e quando andrà in ferie.
Mi occorre un olio di mandorle, poi mi dica quando chiude per ferie così mi regolo. E anche la menta piperita mi occorre. Ah, mi dà anche un po’ di queste caramelle balsamiche per cortesia? Mi raccomando, non mi faccia lo scherzo dell’anno scorso che mi disse chiudo a cavallo di ferragosto e poi il 5 ho trovato già chiuso, eh!
* * *
C’è qualcosa che si può fare per evitare che di notte questa zona cada in mano alla delinquenza come lamentano i suoi abitanti?
La polizia e i vigili che girano tutto il giorno non contano nulla, tanto scappano appena li vedono: bivaccano qui tutto il tempo ma non gli fanno niente… Bisogna far rispettare le leggi che ci sono. Se rubo una gallina mi dai una pena per quello che ho rubato. Non i domiciliari… queste persone se ne fregano dei domiciliari. E il cliente che si rifornisce da loro è tanto migliore? Se abbiamo una legge che punisce chi spaccia perché posso tranquillamente comprare droga senza che nessuno mi metta in galera? Allora facciamo prima se regolarizziamo, se certa droga la vendiamo nei negozi specializzati come le farmacie evitando gli spacciatori.
Quindi è a favore della depenalizzazione delle droghe leggere.
Non mi sta bene chi si droga, li eliminerei tutti, ma visto che non posso farlo vale il male minore. È da quando sono ragazzino che vedo gente usare droghe, hanno continuato ad usarle e vivono in società come gli altri senza che nemmeno ce ne accorgiamo… Diamogliela in modo controllato senza che vengano fatte cose peggiori. A vietare qualcosa viene richiesto ancora di più, funziona da sempre così… Guardi cos’è successo con il proibizionismo americano!
Quando finalmente mi presento dicendo chi sono, per la prima volta vedo un sorriso sul volto di Tonino e passiamo a ricordare cose passate, come i suoi trascorsi lavorativi da barbiere.
Certo che mi ricordo di te! Tua nonna passa ancora di qui e mi racconta un po’ di voi. Eri proprio piccolino, venivi in bottega fin da neonato e piangevi un sacco… adesso hai già perso tutti i capelli, guarda che roba!
Non vado da un barbiere da alcuni anni ormai! Come mai ha abbandonato quell’attività per dedicarsi alle erbe?
Ho iniziato a fare il barbiere da piccolino, perché nel dopoguerra i nostri genitori erano alla fame con 9 figli e la loro preoccupazione più grande era mandarli a lavorare in bottega prima possibile. Così a 8 anni, rinunciando a infanzia e giochi ho frequentato l’università del marciapiede, come la chiamavamo noi: lavorare così piccoli ti insegnava a stare al mondo, ti dava da vivere. L’ho fatto per circa vent’anni nel migliore dei modi ma senza che mi piacesse.
Quando mi son stufato sono andato a lavorare alla cartiera Burgo. Dopo dieci anni la fabbrica mi propose di spostarmi in altre città, ma stavo costruendo qui la mia vita e una famiglia… chi si muove? Così son tornato a fare il barbiere, quando mi hai conosciuto tu, dal 1984 al 1988, prima di venire infine qui perché i vecchi gestori dell’erboristeria erano amici di mia moglie e ci chiesero una mano poco prima di andare in pensione.
C’è un futuro per il mondo dell’erboristeria? C’è ancora interesse da parte di un clientela più giovane?
Penso di si, sono ottimista per natura. Ci sarà sicuro per chi farà erboristeria seriamente e dimostrerà preparazione, non per i commercianti che vendono scatolini in giro come ai centri commerciali… Purtroppo però i corsi di erboristeria in Italia sono sempre meno, ne restano appena 11 in totale. Un vero peccato perché è una disciplina meravigliosa. Il prodotto erboristico non guarisce niente, ma insegna come stare al mondo senza ammalarsi. È prevenzione, solo questo, ma è molto importante.