31 Ottobre 2016

La gigantesca scritta ZABOV: viaggio all’interno delle Distillerie Moccia

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Foto di Giacomo Brini

L’enorme insegna gialla che domina l’incrocio tra via Marconi e via Bongiovanni nella zona Doro è uno dei simboli indiscussi dell’immaginario collettivo di Ferrara. Luminosa di un giallo intenso e sincero, immutabile e misteriosa come quei neon degli anni Sessanta che riempivano le facciate dei palazzi del centro per promuovere questo o quel liquore ogni sera all’avventore da bar di passaggio. Una certezza. Non fosse per lei, l’insegna appunto, verrebbe da pensare che dietro quelle finestre sempre chiuse non ci sia ormai più nessuno, solo un vecchio edificio dal sapore vagamente razionalista ormai in abbandono. Le Distillerie Moccia che producono il più famoso zabaione all’uovo italiano invece sono più che attive al suo interno e da precisamente settant’anni rappresentano una delle eccellenze industriali della nostra città. Quando nell’estate del 2015 tirarono giù l’insegna per sostituirla con la nuova leggermente aggiornata (ci avevate fatto caso?) qualcuno spaventato pensò ad un’imminente chiusura. E invece.
Così un po’ con la scusa del settantesimo compleanno, un po’ perché siamo curiosi per natura, siamo entrati nelle Distillerie Moccia per toglierci ogni dubbio riguardo chi lavora e cosa succede dentro quell’edificio misterioso alle porte della città. Soprattutto riguardo la produzione del delizioso liquore all’uovo Zabov e quali siano i segreti di una ricetta così semplice ma dal successo così duraturo. Dove si beve di più in Italia? Con quali ingredienti è preparato? Perché non si vede mai entrare e uscire nessuno dall’edificio? Cosa c’è dietro quella porta di vetro sempre chiusa sotto la scritta ZABOV proprio sull’incrocio? Le domande che covavo da tempo cui dare risposta erano parecchie ma nessun dubbio è rimasto per fortuna irrisolto.
Courtesy Distillerie Moccia

Courtesy Distillerie Moccia

La prima cosa da sapere – che il sottoscritto ignorava completamente – è che il “Willy Wonka” di questa magica fabbrica, quel signor Moccia che avviò l’attività nel lontano 1946, non è ovviamente da anni presente in nessun ruolo dell’azienda che porta il suo nome ma nemmeno c’è un suo successore a guidarla al suo posto. Le Distillerie Moccia, nonostante abbiano mantenuto intatto il brand, dal 1976 sono di proprietà della famiglia Ori. È infatti Cinzia Ori, direttore generale e amministratore delegato ad accoglierci all’ingresso dell’edificio, in una hall completamente colorata di giallo Zabov di grande fascino, nonostante sia stata arredata e concepita ormai oltre trent’anni fa. Con lei il figlio Massimiliano Strini, che da tempi più recenti si occupa del marketing aziendale.

Foto di Giacomo Brini

LE ORIGINI – Partiamo dal principio. È il 1946 quando un giovane commerciante di Ferrara decide di fondare la “Distillerie A.R.P.A. di Mauro Moccia Sas” che due anni dopo, nel 1948, prenderà il nome di “Distillerie Moccia S.r.l.” sotto la guida di suo figlio Luigi.
Luigi Moccia è poco più che ventenne quando crea la ricetta per migliorare un liquore all’uovo la cui ricetta artigianale era già nota in famiglia. Un suo coetaneo racconta di come sparì dalla circolazione per mesi, concentrato com’era nel trovare la giusta formula che potesse rendere piacevole al grande pubblico il suo liquore e al contempo garantisse una buona riproducibilità su scala industriale. Dopo qualche mese si presentò al bar dagli amici offrendo da bere perché aveva raggiunto il suo obiettivo.
C’è già a quel tempo un mercato del liquore all’uovo in Italia: il VOV è in commercio addirittura dal 1845, cent’anni prima, ma viene imbottigliato in bottiglie di ceramica opache bianche. Per differenziarsi Luigi inizia ad utilizzare bottiglie trasparenti per il suo Zabov, così da lasciarne intravedere il caratteristico colore giallo, diventato un simbolo universalmente riconosciuto. Anche il gusto è diverso: più ricco negli ingredienti, più leggero in tenore alcolico (circa 15°, poco più di un vino), propone il brandy al posto del solito marsala. Viene registrato con il nome ZABOV, dall’unione delle prime lettere delle parole “ZABaglione” e “OVo”.

Courtesy Distillerie Moccia

La produzione i primi anni è artigianale, il primo laboratorio è in via Belvedere, le uova vengono rotte a mano, il ritmo di lavoro è ancora piuttosto lento. Con la rapida crescita dell’azienda viene quindi trasferita la sede in via Argine Ducale dove rimane fino al 1973. In questi anni le Distillerie Moccia sono all’apice del loro successo su scala nazionale e producono ben 70 differenti liquori tra sambuche, brandy, punch, amari, bitter e naturalmente Zabov.
Luigi è il creatore di ognuno di questi prodotti, con una grande capacità di ricerca e sviluppo e lungimiranza imprenditoriale: oltre cento agenti in tutta Italia, con qualche vendita anche sul mercato estero specialmente grazie a Zabov e Sambuca.
Ma in questi casi si sa, basta un passo falso per rovinare un bel gioco che funziona e ha trovato la sua stabilità. Lo stabilimento diventa troppo piccolo, la famiglia Moccia cerca una nuova location e la scelta ricade sull’edificio dove oggi è ancora attiva, proprio quel palazzo nella zona del Doro che in precedenza era un pantofolifico poi fallito. L’esborso di denaro è ingente, vengono fatti investimenti troppo grandi che portano le distillerie ad una rapida crisi finanziaria. Moccia è costretto a vendere la proprietà nel 1974.
Qui entra in gioco la famiglia Ori.
Cinzia: La mia è una famiglia imprenditoriale, ma viene da un settore completamente diverso. Mio padre (il comm. Primo Ori) ha un’azienda di materiale plastico a Formignana, la Forplast, ma se ne lamentava ogni tanto visto il prodotto così poco stimolante. Quando si è paventata l’occasione di acquisire lo storico marchio delle Distillerie Moccia, pur senza alcuna conoscenza del settore si è lanciato nell’impresa innamorato del brand. Abbiamo affiancato i Moccia per un breve tempo poi abbiamo alleggerito l’organico e immesso capitali freschi, riuscendo quindi ad aumentare la capacità produttiva, ad avere un laboratorio di analisi qualità, un nuovo management… così siamo ripartiti con un catalogo più contenuto.
Lei lavora qui fin dall’inizio?
C: Sono entrata in azienda da subito cominciando ad occuparmi di tutto. Non puoi dirigere un’azienda senza conoscerla bene. Dal 1974 ho seguito il settore acquisti, poi affiancato il direttore commerciale e il marketing, dove sono rimasta fino a poco tempo fa quando mio figlio ne ha preso in mano le redini e sono passata alla direzione generale.

Foto di Giacomo Brini

Quali sono stati i momenti chiave della vostra gestione?
C: Senz’altro gli anni Novanta hanno visto numerose scosse di assestamento e ristrutturazione strategica. Alcune multinazionali hanno acquistato i principali marchi italiani, togliendo loro la distribuzione dei prodotti. Siamo stati fortunati perché avendo marchi nostri abbiamo potuto concentrarci su quelli e mantenere una posizione sul mercato, ma chi si occupava solo di importazione è sparito… Abbiamo continuato il lavoro di posizionamento con Zabov a discapito del VOV, che era da sempre il più importante liquore in questo settore. Purtroppo per loro hanno cambiato troppe proprietà negli anni finendo per indebolirsi. Oggi siamo leader del mercato da tre o quattro anni, Zabov è a tutti gli effetti il marchio del liquore all’uovo.
Quindi un’azienda leader di mercato può avere sede in una piccola città come questa? Producete tutto solo in questo stabilimento?
C: Tutta la produzione esce da qui, da Ferrara. In realtà è pur sempre un mercato di nicchia, imbottigliamo appena 400.000 litri all’anno, che sono pochi rispetto altri tipi di liquore. Ha problemi di stagionalità ed è consumato prevalentemente d’inverno…
Qual è il vostro consumatore tipo?
Massimiliano: Il target è abbastanza trasversale, diviso a metà tra uomo e donna, anche se forse lo associamo di più alle donne perché è un prodotto dolce. L’età è piuttosto giovane, dai 35 ai 55 anni, certo non un target maturo. Viene bevuto in tutta Italia ma va molto forte al sud, dove sono abituati a liquori dolci.
Il massimo consumo non si ha dunque nella sua città natale?
M: Certo, qui è bevuto parecchio ma non è la prima città d’Italia. In relazione alle dimensioni della città, per consumo procapite il record spetta a Trento e Bolzano, ma non va associato per forza solo ai paesi montuosi, per esempio al sud al primo posto troviamo la città di Bari. La gente lo consuma prevalentemente a casa, non nei bar, perché è versatile e oltre al naturale viene bevuto caldo con il latte, usato per preparare dolci, molto meno i cocktail dove risulta forse un po’ pesante.
Lo è?
M: In generale i consumatori non lo vedono come un liquore alcolico perché la componente alimentare abbassa la gradazione complessiva e tende a fartene bere di più. Per alcuni è come mangiare un cioccolatino… non conferisce ebbrezza e piace anche ad alcuni astemi. In fin dei conti fa 15 gradi, poco più di un vino.

Courtesy Distillerie Moccia

Courtesy Distillerie Moccia

Negli anni Sessanta lo Zabov Moccia campeggiava sempre a bordo campo quando giocava la Spal. Oggi fate ancora pubblicità?
M: Prevalentemente sulle radio nazionali. Non facciamo quasi più pubblicità sulla carta stampata anche se per tanti anni eravamo molto presenti nelle riviste femminili. Abbiamo fatto anche caroselli e spendevamo grossi budget negli anni del boom delle tv commerciali. Non c’era la frammentazione di canali e gli affollamenti pubblicitari che ci sono oggi quindi potevamo ancora permettercelo. L’ultima campagna televisiva è andata in onda tra il 1986 e il 1990, con un target sempre femminile, in orari precisi, durante soap opera o cose simili… Forse il nostro miglior testimonial involontario è stato Vasco Rossi!
A Ferrara avete un certo nome ma vi si sente poco pubblicamente: sono poche le partnership, le sponsorizzazioni, gli eventi cui prendete parte. Moccia non compare particolarmente nelle cronache locali.
C: Non abbiamo mai avuto un rapporto così stretto con la città perché il nostro è un panorama nazionale. Dobbiamo mantenere alta l’immagine del marchio, che è allo stesso livello dei grandi big del mercato, pur senza averne le stesse risorse. Riceviamo richieste di sponsorizzazione ma ci tocca a malincuore dire di no perché non abbiamo budget se non per piccole cose.
Certo, se domattina bussasse alla porta un evento incentrato sul colore giallo o sul tema del romanzo giallo a chiedere di essere sponsor, e fosse un evento di interesse nazionale allora ci penseremmo sopra. Tipo il Festival di Internazionale…
L’insegna Zabov è iconica e tutti la conoscono ma si conosce poco o nulla di cosa accade dietro queste due mura in angolo. Le tapparelle sempre abbassate danno l’idea di un luogo chiuso. Come mai?
C: Semplice! Perché molte sono finte, create solo per continuità visiva ma sono il muro del magazzino merci e quindi non servono. Anche la porta nel raccordo curvo di vetro sotto l’insegna è sempre chiusa perché non è l’ingresso ufficiale e affaccia su una stanzetta poco utilizzata. Poi come famiglia siamo persone riservate, non amiamo apparire troppo.
Cosa si nasconde dietro la stanza in angolo sotto l'insegna? Gli Anni Ottanta.

Cosa si nasconde dietro la stanza in angolo sotto l’insegna? Gli Anni Ottanta.

Nessuno esce ed entra mai dalla fabbrica. Niente parcheggio dipendenti, gente che finisce il turno, viavai all’ora di pranzo.
C: Perché i dipendenti sono appena 12, oltre a qualche area manager in giro per l’Italia. Siamo un’azienda meccanizzata, il personale è esterno o in ufficio, questo contribuisce a non vedere mai molta vita intorno alle macchine.
Eppure l’area interna è davvero grande: diciassettemila metri quadri che producono continuamente almeno due linee principali di prodotto. Oltre allo Zabov anche il noto Punch Barbieri, acquisito nel 2013 e che oggi rappresenta un asset importantissimo per Distillerie Moccia.
C: Il Punch Barbieri fa gli stessi volumi di vendita di Zabov nel mondo dei bar, che è meno sotto i riflettori ma è importante. L’acquisizione è stata strategica perché Zabov è un prodotto da supermercato mentre il Punch riempie il segmento bar e ristoranti. Produciamo anche una linea di Punch Moccia che vendiamo quasi esclusivamente in Alto adige e nelle Marche, dove è perfino più venduto del Barbieri, per ragioni storiche legate alla diffusione di Zabov e alla sua leadership. Da sempre tutto quello che proponeva Moccia in quella zona era vendutissimo. Abbiamo abbandonato invece la produzione di limoncello, sambuca e amaretto, giusto qualche bottiglia, per pochi clienti affezionati.

Foto di Giacomo Brini

In effetti la lunga linea di produzione che occupa un intero capannone è quasi del tutto dedicata ai suddetti due prodotti: attraversiamo il magazzino dove sostano solo scatole rosse e gialle pronte a partire anche se la produzione del liquore all’uovo è ferma da qualche giorno per un problema tecnico e quindi i pezzi stipati sono relativamente pochi. Buffo vedere l’intera produzione nazionale di un liquore tutta accatastata sotto i tuoi occhi.
I dipendenti che lavorano dietro alle macchine sono appena cinque e consentono di preparare quindicimila bottiglie al giorno: più che accendere le macchine e controllarne il corretto instradamento non devono fare molto altro. Le bottiglie vuote vengono inserite sul nastro guida fino all’imbottigliatore, collegato ai serbatoi da tubi di acciaio. La macchina dello Zabov è la più grande perché essendo un liquore denso le bottiglie si riempiono più lentamente, quindi per avere lo stesso ritmo di produzione del punch bisogna sovradimensionarla. Poi ogni bottiglia arriva nella tappatrice e nella moderna etichettatrice, gioiellino meccanico dove viene in pochi secondi applicato il contrassegno di Stato, il bollino, l’etichetta, fino a vestire del tutto il prodotto prima di finire nelle scatole di cartone.
Le macchine lavorano così dal 1986, quando venne ristrutturata e modernizzata l’azienda. Se si ferma una macchina, come è accaduto il giorno precedente alla nostra visita, si ferma l’impianto in attesa della riparazione.
E la ricetta segreta che conferisce questo giallo omogeneo è ancora quella di un tempo?
Cinzia: Sempre la stessa da sempre. Arriva ogni mattina il latte fresco da Giglio, viene lavorato la sera precedente e consegnato qui, dove finisce nelle apposite cisterne. C’è poi la sala dei liquori, dove ogni serbatoio serve solo ad un tipo di prodotto per evitare cessioni di gusto e di colore. Al latte fresco pompato nel serbatoio viene aggiunto il tuorlo d’uovo (arriva da Eurovo, di Occhiobello) già pronto e stabilizzato, quindi zucchero, alcool e quel concentrato di brandy che viene fatto appositamente per noi e costituisce il marchio di fabbrica di Zabov.
Dopo la miscelatura rimane qui a riposo due giorni, poi viene filtrato una prima volta e portato nei serbatoi di stoccaggio. Resta fermo altri quattro giorni, filtrato di nuovo e finisce nel serbatoio di imbottigliamento. La chiave è tutta qui, i tempi vanno rispettati. Prima di sei o sette giorni non si può imbottigliare il prodotto, è necessario per la sua stabilità.
Poi quanto dura una bottiglia?
C: Se tenuta chiusa anche in eterno, anche se il gusto magari può mutare leggermente dopo qualche anno. Se è aperto, fuori dal frigo tre o quattro mesi al massimo… c’è pur sempre dell’uovo dentro!
Un’ultima cosa: cosa c’entra Vasco Rossi?
C: Il cantante di Zocca è da sempre un nostro grande fan! Lo slogan storico recitava “Zabov, avanti a tutta forza!”… si vede che lui da piccolino lo sentiva annunciato allo stadio quando andava a vedere le partite con suo padre, gli dev’essere rimasto in mente. Non manca di ripeterlo in numerose interviste pubbliche come suo modo di dire per dare la carica… nonostante non sia un testimonial ufficiale dell’azienda non può che farci piacere!