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Fabrizio Negrini, curatore dell’Orto Botanico di Ferrara, ha uno degli uffici più belli della città. Non per l’ampiezza della scrivania, gli armadi lussuosi o una fantozziana poltrona in pelle umana, no, nulla di tutto questo. Fabrizio ha l’invidiabile lusso di vedere il verde quando guarda fuori dalla finestra, al posto di grigi palazzi, la faccia mesta del collega alzatosi male o il traffico di un’arteria centrale della città. Ha il privilegio di poter ammirare le piante dell’Orto che da oltre vent’anni ha contribuito a far crescere.
È una bella giornata di primavera quando lo raggiungo fermando la bicicletta nella rastrelliera vicino all’ingresso, viene voglia di fermarsi delle ore a scaldarsi le ossa e il cuore seduto su una panchina guardando una nonna con la nipotina indicare le ninfee, o i giardinieri all’opera con lunghe radici di qualche pianta rara.
L’Orto Botanico è uno di quei posti bellissimi ma educati, che è sempre stato al suo posto ma non lo trovate spesso sui giornali, nei discorsi dei politici, nelle giornate fitte di impegni della maggioranza di noi. È una piccola oasi di pace proprio davanti al Parco Massari da scoprire, provandoci a mettere il naso dentro.
Nasce ufficialmente nel 1771 quando con la promulga papale dei nuovi statuti riformatori l’Università di Ferrara ha la possibilità di istituire a tutti gli effetti l’Orto Botanico, detto a quei tempi dei Semplici, per studi di piante medicinali. Nel 2011 festeggia infatti i suoi 240 anni con una mostra celebrativa che ne ripercorre la sua storia. Dunque un orto relativamente recente rispetto altri più famosi come Firenze, Padova o Pisa che sono invece del 1500. Persino travagliato da continui cambi: inizialmente nel più piccolo cortile di Palazzo Paradiso (oggi sede della Biblioteca Ariostea), fino al 1925, poi dietro Palazzo Schifanoia dove dura solo pochi anni per tornare dapprima a Palazzo Paradiso e dal 1963 nella sede attuale dietro Palazzo Turchi Di Bagno.
Quante piante ci sono in questo piccolo rettangolo di verde urbano?
L’orto è grande 4500 mq, è tra i più piccoli in italia – spiega Negrini – pur avendo ben 2000 specie, di cui 1300 coltivate in serra, come piante tropicali e subtropicali e 700 specie circa coltivate all’aperto, divise in 36 settori espositivi, suddivisi a loro volta in 5 sezioni: piante sistematiche, piante utili, giardini a tema, piante della flora protetta italiana e piante esotiche.
Quante persone lavorano all’Orto Botanico? Che cosa fa il curatore? E’ una parola importante, trasmette cura, amore per le cose.
Attualmente lavorano qui tre giardinieri oltre a me, ogni mattina e qualche pomeriggio a turno, oltre ad uno stagista che ci aiuta da diversi anni.
Il compito dei giardinieri è garantire la manutenzione ordinaria e straordinaria: sfalcio dei prati, tagliare le siepi, seminare, spostare le piantine, irrigare, concimare…
Io come curatore ho funzioni di gestione del personale e delle collezioni. Controllo la nomenclatura, acquisisco nuove piante e redigo l’index seminum, cioè l’indice di tutte le specie coltivate in questo orto.
Durante l’anno arrivano nuove specie?
Raccogliamo circa 300 semi coltivati nell’orto e li scambiamo con altri orti botanici nel mondo, che a loro volta offrono i loro in cambio. La Convenzione di Washington consente lo scambio tra istituzioni che si occupano di botanica non a fini di lucro, quindi escludendo i vivai ad esempio. Ci sono anni in cui arrivano 40-50 specie nuove, altri anni meno, nel mentre alcune piante muoiono e quindi c’è un continuo ricambio. Posto per alberi o specie molto grandi ovviamente non c’è più ma per coltivazioni particolari in alcune zone ed aiuole è ancora possibile e abbiamo spesso nuove coltivazioni.
Da quest’anno avete cambiato nome in Orto Botanico ed Erbario.
Prima facevamo parte del Dipartimento di Biologia dell’Università, da quest’anno apparteniamo alla ripartizione Biblioteche e musei, e in quanto museo universitario abbiamo regole un po’ differenti. L’erbario è stato accorpato all’orto ed entra a pieno titolo nel nome esatto di questo luogo.
Cos’è un erbario? Dove si trova?
Sono due in realtà, l’erbario Campana e l’erbario Felisi, e contengono circa quindicimila campioni, piante essiccate in gran parte del 1800. Sono conservati all’interno di cartoncini, chiusi in carpette e faldoni che conserviamo in un locale apposito. Periodicamente è necessario fare un’operazione di disinfestazione, un congelamento vero e proprio dei faldoni per uccidere microorganismi come muffe e parassiti che vanno ad aggredire il materiale organico.
Da quest’anno c’è una collaboratrice che si occupa in particolare dell’erbario, che è fruibile al pubblico su richiesta da studenti e ricercatori prendendo appuntamento. Purtroppo non è ancora stato digitalizzato ma è un progetto che porteremo avanti presto, mentre l’index seminum dell’orto è accessibile su richiesta in formato pdf da istituzioni e studiosi. Non siamo del tutto assenti dalla rete però: sul nostro sito c’è una descrizione sommaria delle collezioni e un catalogo completo delle piante presenti in Orto.
Vi occupate anche di didattica?
L’orto non fa didattica direttamente ma è luogo ideale per essa, dove vengono ogni giorno studenti di vari corsi di laurea per lezioni pratiche e scuole con visite guidate. Nel 2015 avvieremo un progetto dove sarà l’Orto Botanico attraverso il proprio personale e con la collaborazione di qualche associazione culturale a fare le lezioni. Si chiamerà Lab[ir]int, Laboratorio botanico di istruzione e ricerca interattivo. Vogliamo che le persone possano venire a seguire i nostri corsi non solo per ascoltare e guardare foto ma anche e soprattutto per costruire con le proprie mani. Ci occuperemo di ricerca su alcune specie rare a rischio di estinzione, come stiamo facendo con l’ibisco litorale. Faremo riconoscimento delle specie ed apposite escursioni. Abbiamo un laboratorio attrezzato con strumenti didattici che useremo ad esempio per l’estrazione di oli essenziali tramite alambicco o per coltivare piante tintorie. I fondi di Unife non sono tantissimi, avremo bisogno di far partire un crowdfunding tra i cittadini e aziende private o di progetti di supporto che possano finanziare il Laboratorio.
Ad esempio?
Ad esempio acquistando, quando sarà pronto, un libro molto particolare che sarà presentato durante la Festa della Mamma in programma domenica 11 maggio prossima. È un libro di mitologia, magia, leggende e fiabe legate al mondo degli alberi, si chiamerà Boschi incantati e alberi magici ed è stato scritto insieme alla collega Lisa Brancaleoni. E’ un libro illustrato cui è legato un concorso per i ragazzi dagli 8 ai 16 anni. Possono inviare un disegno legato ad una delle storie del libro e ne sceglieremo 30 da usare all’interno del libro. Il migliore sarà premiato con un posto in copertina ed un lettore ebook, mentre altri trenta disegni saranno premiati con un simbolico kit da disegno, premi che siano incentivo a leggere e a disegnare ovviamente. Il libro verrà pubblicato e sarà acquistabile anche in libreria, quindi pensiamo possa essere una soddisfazione per i ragazzi vedere i loro lavori stampati e pubblicati.
Domenica 11 maggio quindi è una giornata per noi importantissima: presenteremo Labirint e il concorso “Disegna la magia”, cui seguirà uno spettacolo di burattini: Fagiolino e l’albero dei miracoli. Per le mamme che si presentano accompagnate dai bambini c’è persino un piccolo omaggio.
Speriamo nel bel tempo allora. Ma i ferraresi ci vengono di solito a visitare l’orto o siamo tutti troppo affacendati?
L’orto è aperto purtroppo solo nei giorni feriali dalle 9 alle 13 ad ingresso gratuito, manca il personale per aprire anche nei weekend ma non è detto che in futuro non ci si provi, magari con l’aiuto di alcune associazioni e mettendo un simbolico biglietto di ingresso. Vengono molti turisti ogni giorno, siamo segnalati su diverse guide, mentre forse l’affluenza di ferraresi è decisamente minore, ma d’altra parte di giorno la gente lavora… Quando abbiamo tenuto aperto nei giorni festivi in occasione di alcuni eventi chiave c’è stato un bell’afflusso di persone, magari proveniente dal vicino Parco Massari.
Già, il Parco Massari. Forse aiuterebbe considerare questo piccolo polmone verde proprio come un parco, con una marcia in più rispetto agli altri più noti. Forse servirebbe iniziare a segnarlo in verde sulle mappe urbane stampate e in rete, a renderlo parte di percorsi di visita che includono il vicino Palazzo dei Diamanti su guide non solo botaniche. Riscoprire l’amore per il verde e la natura, coltivarne la bellezza e impararne il suo valore sono scommesse difficili per le future generazioni, chissà che un museo interattivo non risvegli curiosità e voglia di sporcarsi le mani di terra come non siamo più abituati a fare.