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Se non sai che esiste potresti non averlo mai notato, perché su via Caretti le macchine sfrecciano a velocità parecchio elevata e lo sguardo è rapito da quelle poche realtà che si affacciano sulla strada: un lavaggio auto, un paio di benzinai, un’isola ecologica di Hera e il centro commerciale Le Mura. Eppure proprio alle spalle dell’ipermercato da qualche anno esiste un piccolo parco a tema, un piccolo spazio dedicato agli amanti delle quattro ruote dello skateboard: è il Boobs Brigade Skate Park, che sabato scorso ha aperto le porte al pubblico per presentarsi alla città e ai curiosi.
Sembrava di stare in un parchetto di una qualunque città americana con musica a tema (a proposito, in console c’era il sempre ottimo Paogo Ameschi e con questa sono tre volte che lo nominiamo su Listone Mag, sta diventando imbarazzante). La griglia iniziava a dispensare hot dog e carne, qualcuno si rilassava su sedute di legno o direttamente nel manto erboso, c’erano famiglie con i bimbi che giocavano e alcuni provavano perfino qualche numero sullo skateboard. Qualcuno vestito rigorosamente street, altri in tuta, alcuni in maglietta, qualcuno persino in camicia che sembrava uscito dall’ufficio pochi minuti prima. A mettersi alla prova con la tavola in prova gratuita ho visto davvero una grande varietà umana tentare di saltare ostacoli e girarsi sulle pedane inclinate. I più attenti lettori avranno già capito dal lessico poverissimo utilizzato che dello skateboard ci capisco poco niente, con lo scarso equilibrio che ho da sempre da piccolo al limite ci giravo intorno al palazzo, però da seduto.
I ragazzi dell’A.S.D. Boobs Brigade (la brigata delle tette, ndr) sono tipi simpatici: Luca Toschi ha un cappello da baseball e una lunga barba, mi racconta di quando nel 2004 ha iniziato ad occuparsi dello Skate Park di viale Krasnodar, smantellato nel 2014, e di come con qualche vicissitudine sono arrivati a poter gestire questo, già esistente da prima ma in gestione ad un negozio che nel frattempo è fallito.
Con lui c’è Martino Bortolazzi, presidente dell’associazione da circa un anno: gli associati sono oltre cento, di cui una quindicina lo aiutano nella gestione come direttivo. “Abbiamo ricostruito interamente tutto – racconta – con l’aiuto di aziende e di genitori dei ragazzi che fanno parte del gruppo. La giornata di oggi è la prima iniziativa che facciamo perché il park ha dei costi elevatissimi, non potendolo mantenere in modo costante abbiam di fare eventi quando siamo pronti. Quest’evento è di finanziamento per realizzare un’ultima parte, utile per ospitare anche anche gare a livello nazionale, l’area infatti non è poi così piccola e si presterebbe. Prossimo appuntamento a settembre, se realizzeremo in tempo ulteriori strutture.”
Nel frattempo lo skate park è aperto a chiunque voglia cimentarsi sulla tavola, l’ingresso è in fondo al sempre vuoto parcheggio auto di via Caretti, poco dopo l’isola ecologica Hera, anche se nessun cartello dalla strada ne segnala l’esistenza per attrarre i passanti. Ogni giorno dalle 15.30 alle 20 circa l’area è ad utilizzo dei soci, con una quota di iscrizione annuale si sostiene l’associazione e si ha diritto ad usare liberamente l’impianto.
“Vorremmo attivare dei corsi in quanto unica realtà a Ferrara – spiega Luca – come vedi ci sono tanti bambini presenti, che iniziano da 3 o 4 anni a muovere i primi passi con tavoline apposite. Così possiamo mantenere una scena locale, ma la cosa funziona solo se si arruolano giovani leve. I corsi costano e vanno fatti in strutture consone, per garantire sicurezza e una progressione adeguata.”
Per adesso nessun contributo comunale, l’area è privata, in comodato d’uso gratuito dall’immobiliare che possiede l’intera area dell’ipermercato, che tecnicamente potrebbe riprendersi quando vuole con preavviso di 30 giorni. Ma quanto costa tenere in piedi uno skate park e fare manutenzione alle pedane in legno? “Così com’è ora ci sono costi vivi per almeno 10-15 mila euro annuali – spiega Luca – per poter ospitare competizioni internazionali si superano anche i 50 mila euro. Ci sono attrezzature precise, mordenti, impregnanti, pannelli… so che a vederle sembrano strutture economiche ma non lo sono affatto. Quanto è presente qui è il frutto di sacrifici fatti in anni e stiamo lavorando anche con materiale di riciclo, donazioni e persone che ci danno una mano, ma si fa molta fatica.”