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Alberto Trabatti non è una persona qualunque, non ha una storia semplice e lineare da raccontare o un’idea precisa di quello che inventerà domani o tra un anno. Per molti è prima di tutto un torrefattore, un amante del caffè dal cuore puro e dagli ideali ben saldi, ma lui stesso sul suo profilo Facebook si definisce in tanti altri modi. Artifex, Bespoke Coffee Roaster, Moka Specialist, Pulitore di cuccume, Temerario sono solo alcuni dei simpatici appellativi con cui ama presentare il suo lavoro, che ha riunito in un opificio speciale e un po’ nascosto di Ferrara. Partiamo da qui, dal luogo dove il caffè viene prodotto, croce e delizia della sua attività, perché trovandosi appena fuori dal centro non è di particolare passaggio e richiede di fare un passo in più del solito. Ne vale la pena? Secondo me si.
Ci troviamo in via Bongiovanni, zona Doro, subito dietro la gigantesca scritta ZABOV, in una strada dove molti si recano periodicamente per fare metano e che tutti gli altri probabilmente ignorano. Al numero 32 da qualche anno esiste la Torrefazione Penazzi 1926, cioè il luogo dove Trabatti macina, tosta, confeziona e vende ogni giorno il suo caffè, che il Gambero Rosso indica nella sua guida dei Bar d’Italia come il migliore di Ferrara già dal 2007.
Tutto inizia nel 2003 quando Alberto, bolognese classe 1969, si trasferisce a Ferrara, città d’origine della moglie. Abbandona il suo lavoro in banca e si tuffa nell’avventura della torrefazione. La prima sede è in Piazza della Repubblica ai numeri 27 e 29, dove fino a poco tempo prima era presente un negozio di abbigliamento.
Pochi mesi dopo, da appassionato di aste online e collezionista di macchine da caffè, s’imbatte in una targa di cartone in vendita con la scritta “Torrefazione igienica e giornaliera del Caffè Penazzi, Piazza Vittorio Emanuele 27-29 Ferrara”. Così scopre non solo che quello era il vecchio nome della Piazza della Repubblica di oggi, ma anche che proprio allo stesso civico fino a circa ottant’anni prima era presente la torrefazione del signor Arrigo Penazzi, poi chiusa durante il secondo conflitto mondiale. Alberto decide dunque di contattare la figlia, chiedere il benestare per l’utilizzo del marchio ed ecco nascere la denominazione attuale, omaggio al lavoro di Penazzi, che dunque non è il torrefattore e nemmeno il proprietario dell’ottimo caffè che viene prodotto oggi. Alberto Trabatti produce il Caffè Penazzi.
Anche se molti ancora non lo sanno, dal dicembre 2017 il Caffè Penazzi non è più venduto e prodotto in Piazza della Repubblica (che in effetti oggi è “L’emporio della piazza”): uno dei soci iniziali di Alberto ha proseguito l’attività per suo conto, decidendo di proporre altri tipi e marchi di caffè. “Molti pensano ancora di bere il caffè Penazzi in quell’emporio, e noi nel frattempo non abbiamo aperto un posto alternativo in centro per un esplicito divieto di concorrenza. Qui dove ci troviamo oggi abbiamo però tutto lo spazio per produrre, offrire la degustazione, lasciare uno spazio espositivo per le caffettiere storiche e per eventuali mostre d’arte.“
Quale caffè viene prodotto nella torrefazione Penazzi? Un caffè di sola arabica purissima in grani, o macinato per Moka, Espresso, Infusione, Napoletana, Turca. La tostatura dei chicchi avviene in maniera artigianale con una macchina a controllo manuale, su ordinazione nel caso dei Monorigine. C’è poi la “Miscela del Mastro Torrefattore” che viene creata almeno due o tre volte la settimana, sempre disponibile per la vendita e la degustazione.
Il caffè di Alberto è davvero ottimo, e che il gusto sia diverso dal solito espresso anonimo di molti bar è palese anche a un palato poco esperto come il mio. Il racconto che fa del suo lavoro entusiasma e coinvolge, è quel valore aggiunto che spera di poter offrire per convincere clienti e fornitori a sceglierlo al posto dei “caffè ignobili” che si trovano in giro, come li chiama lui. Approfitto di questo incontro per scoprire un po’ di cose sull’argomento.
Ad esempio che le industrie di caffè tostano in continuazione e vendono stock di pacchetti che magari sono in giacenza da mesi e mesi. E che il caffè ha una scadenza legale che consente la vendita anche dopo 18/24 mesi dalla tostatura se conservato in atmosfera protettiva o in lattina, ma la sua scadenza aromatica è invece molto più ravvicinata. Quando apri un pacchetto di caffè il calo qualitativo è rapido e in dieci giorni è già molto degradato dal punto di vista aromatico. Se in grani questo avviene in circa 50 giorni dalla tostatura.
E le capsule? Il caffè Penazzi non viene per fortuna prodotto nel formato che oggi spopola, spreca e inquina in modo vergognoso. “La gente non ha cultura e budget e sceglie spesso il caffè più economico – spiega Alberto – ma a me interessa il benessere delle persone che lo bevono, non solo il lato economico… Le capsule non sono sostenibili, l’involucro di ogni caffè nella migliore delle ipotesi è compostabile ma comunque ha richiesto energia e scarti di lavorazione da smaltire che erano superflui. Di recente ho fatto un esperimento e l’ho pubblicato su TikTok: ho pesato 40 capsule compatibili Nespresso e calcolato quanto caffè contenevano. Ogni kg di caffè aveva ben 450 grammi di scarto… decisamente troppi!”
Come si risolve? Da anni Alberto suggerisce e rivende macchine superautomatiche, che si trovano anche su Amazon o nei magazzini di elettronica. Inserisci il caffè in grani, con un pulsante puoi regolare macinatura e dose, fai uno o due espressi per volta e il fondo si vuota direttamente nell’umido. Zero sprechi e una macchina costa intorno ai 300 euro: in proporzione meno che continuare anni con le capsule, ottenendo un caffè di qualità. “Se questa consapevolezza l’acquisisci tu, poi vai al bar, ne parli con chi sta dietro il bancone, diventi leva del cambiamento. Bisogna chiedersi: quello che bevo oggi è sostituibile con qualcosa di migliore? Se si, è giusto provarlo, dargli un’opportunità.” mi dice Alberto.
Aprire il capitolo bar e ristoranti è un po’ come scoperchiare un vaso di Pandora per Alberto, perché parliamo di ambiti dove il caffè è servito a getto continuo, spesso con grande disinteresse per la qualità del prodotto finale. D’altra parte durante le pause al lavoro ci si reca nel posto più vicino, non sempre ci si può permettere il lusso di scegliere chi fa un caffè migliore. E al ristorante? Persino chi offre una cucina di alta qualità poi scivola su un caffè a fine pasto piuttosto ordinario e scialbo, quando sarebbe la ciliegina sulla torta di una cena piacevole e raffinata. “Se vai al ristorante e prendi una costata durissima vai in cucina a protestare perché ti costa molti soldi – spiega Alberto – Se invece bevi un caffè scadente visto il prezzo modesto esci dal locale e non ci torni più. Ma se è buono invece ti complimenti e magari torni in quel locale volentieri, anche se quella tazzina ti è costata qualche centesimo in più. Alcuni mi chiedono: quanto costa il tuo caffè? Io rispondo: venite ad assaggiarlo, il prezzo viene poi… Bisogna capire perché un caffè è fatto in un modo e quindi costa quel prezzo, altrimenti se confronti solo il numero con un altro fornitore è chiaro che ne troverai sempre uno più economico.”
Forse bere un caffè è un’esperienza talmente breve che la gente si accontenta del posto sotto casa senza andare a cercare quello per lui migliore. Manca la cultura di recarsi fino in torrefazione solo per un caffè mentre facciamo chilometri per una pizza gourmet o un pub con delle birre artigianali di qualità. Con un caffè non fai serata con gli amici, è un piacere intenso e fugace.
Anche per questo Alberto ha provato negli scorsi mesi a offrire un servizio colazione, con paste fresche a disposizione, panini e un’ampia distesa di tavoli per chi volesse trascorrere del tempo in compagnia in un luogo rilassante. L’esperimento non è andato bene, magari per via della location di poco passaggio e troppo fuori dal centro per il ferrarese medio. Chi è venuto è rimasto affascinato dall’allestimento vintage del posto, ha apprezzato la colazione ma poi non è tornato con regolarità tanto da rendere l’investimento sostenibile. In linea teorica la torrefazione dista appena 2 km dal Castello Estense ma la trafficata viale Po e qualche incrocio pericoloso forse ci rendono pigri. Senz’altro un punto vendita in centro favorirebbe di molto la scoperta del caffè Penazzi, che oggi è comunque venduto anche online e si può trovare alla pizzeria Portofranco o all’osteria Odica di Marrara.
Certo Alberto non si è perso d’animo negli ultimi anni: ha da poco concluso un corso per sensibilizzare sulla preparazione e degustazione corretta del caffè, ha ospitato in torrefazione un concerto di musica classica con l’Associazione Bal’danza e alcune mostre fotografiche abbinate a cene con l’autore.
E non vi ho ancora detto due cose che rendono ancora più speciale questa torrefazione… All’interno del locale di Alberto è ospitato un fantastico Museo della caffettiera, visitabile liberamente o con visite guidate. Quasi 200 pezzi raccolti negli anni tra mercatini, aste online e case di conoscenti, datate dalla fine del 1800 agli anni ‘90, con forme stranissime e luccicanti, di marchi gloriosi del passato o ancora esistenti.
E quelle macchine tipografiche enormi che affiancano le tostatrici? Alberto ha una passione anche per la tipografia, così ha recuperato, sottraendoli alla demolizione, un antico torchio da stampa del 1890 e antichi caratteri mobili in legno e piombo, imparando i fondamenti dell’arte tipografica. Dal 2019 ha creato due nuovi brand dai packaging ricercati, graficamente composti e stampati direttamente nella torrefazione: Mokista, e The Coffee Tailor. Etichette dal sapore vintage, declinate anche in poster bellissimi per appassionati di grafica. Un incrocio tra le arti che senz’altro rende ancora più unico il suo caffè.
Vi ho incuriosito? Se si, in bici o in auto arrivare poco oltre via Marconi è un gioco da ragazzi, il vostro stomaco ringrazierà e poi sarà difficile tornare indietro a bere le brodaglie di prima!
MORE INFO
Il sito e lo shop online della Torrefazione Penazzi
Il sito della tipotorrefazione