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Decisero che avrebbero risolto la questione una volta per tutte quel sabato sera.
Il Vescovo si era lamentato sui giornali locali: questi giovani bevono e si drogano proprio sotto le mie finestre, bivaccando davanti alla Cattedrale, fanno le orge, sembra un postribolo a cielo aperto!
I giovani e meno giovani si erano offesi: ma quale droga, macchè orge, vogliamo solo divertirci facendo due chiacchiere prendendo qualcosa da bere in piazza tra amici!
I gestori dei bar della zona si erano spaventati: i locali che abbiamo in affitto sono della Curia! Siamo rovinati! Ci faranno chiudere!
La diatriba che attanagliava da giorni l’opinione pubblica ferrarese tra chi difendeva il porporato e chi le ragioni dei giovani bevitori di piazza doveva concludersi.
Il Capo della Movida organizzò allora una festa collettiva enorme, per ribadire che la piazza dev’essere di tutti e non si discute. Si mossero tutti i movimenti studenteschi, il comitato Amici della Birra, i Giovani Tossici del parchino, il Club degli Sfattoni, i punk senza bestia con la krisi, i figli di papà con le polo dal colletto all’insù, i giovani di una volta che non volevano cedere all’evidenza di una dentatura ormai marcia, alcuni avvocati in borghese, imprenditori locali in borghese, borghesi in borghese e persino qualche giovane papa boy che tutto sommato una birra la beveva volentieri nonostante i dettami della Chiesa locale.
Arrivarono all’ora dell’aperitivo, sicuri di essere i primi ad aprire la serata. Mentre la folla si radunava un uomo di una certa età era intento ad armeggiare con un paletto.
– Senta lei, lei, si con i capelli lunghi, mi dia una mano! – disse l’uomo al Capo della Movida, appena arrivato da casa con un frigo bar, che non si sa mai.
Era il Vescovo, sceso in piazza dal Palazzo prospiciente per transennare il sagrato una volta per tutte e scacciare il Diavolo da quei luoghi.
– Una mano a lei? Mai! Se ne vada e ci lasci bere in pace! – rispose il Capo della Movida.
– Alcolizzàti che non siete altro! Fuori da questa zona, appartiene al Signore! – inveì il Vescovo cercando di darsi da fare per proseguire il suo lavoro.
In pochi minuti si scatenò il caos: i ragazzi in piazza si misero ad ostacolare il Vescovo bloccandone l’operato, dall’Arcivescovado uscirono parroci, prelati, cappellani e diaconi, pronti invece ad aiutarlo nel suo intento. In sostegno della Movida i proprietari dei locali chiusero le serrande e si unirono alla rivolta. Ogni metro conquistato dalla Curia con paletti e cordoni presidiati da qualcuno della fazione vescovile era un metro a favore dall’altra parte per qualche giovane che invadeva il sagrato con birre e cocarum. Sembrava una partita di football americano, avrebbero potuto segnare la yards in terra. Un paletto messo e uno buttato giù: via così per minuti interi in una guerra all’ultimo metro per il controllo del territorio.
Nel mentre si era radunata una certa folla che assisteva divertita allo scontro. Chi incitava il Vescovo, chi i ragazzi, chi come la maggior parte della gente non era minimamente interessata al risultato ma era scesa in ciabatte a vedere, visto che a Ferrara non succede mai niente.
Ad un lato della piazza alcuni rappresentanti delle due parti tentarono una mediazione diplomatica:
– Vi concediamo i martedì sera per rosario e salmi, ci lasciate il mercoledì per bottiglie e bonghi!
– No! Vi concediamo un paio di ore per l’aperitivo, un dì al mese e solo Coca e Fanta!
L’accordo era impossibile.
Persino i media locali bisticciarono per avere l’esclusiva: le telecamere della tv si erano fiondate sul posto per trasmettere la diretta dell’incontro in streaming, per la gioia dei grillini locali. L’inviato della stampa cercava di carpire qualche parroco per un’intervista con dichiarazioni choc. Mancavano solo quelli del magazine culturale online: tanto loro avrebbero fatto l’approfondimento con calma nei giorni seguenti.
Nella confusione più totale entrambe le fazioni faziosamente dissero di avere la meglio, anche se vista da fuori la situazione sembrò a tutti di totale equilibrio, senza spiragli di conclusione. Un pallone all’improvviso irruppe rotolando velocemente in mezzo alla folla colpendo di striscio uno dei paletti curiali ancora in piedi, per poi rotolare lentamente oltre. Rimbalzò sui gradini del sagrato e continuò la sua corsa fino all’enorme portone della Cattedrale fermandosi poco distante.
Tutti si fermarono all’improvviso a guardarlo, come se l’equilibrio del caos fosse stato rotto d’incanto.
Nel silenzio più totale di duecento fiati sospesi una vocina si levò alle loro spalle.
– Gol! – disse un bambino davanti al Leon d’Oro.
– Gol? – chiese un cappellano voltandosi verso di lui.
– …gol. – disse di nuovo il bimbo meno convinto e un po’ spaventato da tutti quei volti che lo guardavano stupiti.
– Giacomo da bravo, riprendi il pallone e chiedi scusa ai signori dai! – lo redarguì il padre al suo fianco.
Un ragazzo andò a riprendere il pallone e dopo averci pensato qualche secondo invece di restituirlo al bambino sentenziò:
– Ci giocheremo la piazza a pallone! Noi contro di voi, mettete i paletti, decidete la squadra e il portiere!
– Siiiii! – dissero i giovani barcollando perché in realtà erano già alla terza birra
– Può essere un’idea – ammise Don Giovanni con Padre Buozzo ricordando i tempi dell’oratorio con nostalgia.
Fecero le squadre ed iniziò la partita, un po’ difficoltosa per via del campo non proprio regolare. Ad arbitrare l’incontro arrivò il vicesindaco, con delega alle Tenzoni di piazza.
I media eccitatissimi si fregarono le mani per l’evento con cui avrebbero riempito pagine e pagine il giorno dopo, twitter risultava intasato di ferraresi che commentavano in diretta e il tag #partitonaMovidaVescovo era già trending topic.
All’inizio la Curia ebbe la meglio perché la Movida aveva la pancia piena, ma qualcuno tra i più giovani in panchina iniziò a chiamare rinforzi da casa, così arrivarono cugini, amici e vicini di casa a dare man forte. Mancavano 20 secondi al fischio finale con la Movida sotto di un gol dopo faticosa rimonta sulla Curia quando Don Pierino ormai cotto dall’età per l’impresa calcistica fuori dalla sua portata diede una manata in pieno viso al Capo della Movida mentre era diretto verso la porta. Il vicesindaco fischiò il rigore.
– Devo provare a pararlo io – disse il Vescovo facendosi avanti – E’ giusto così, spetta a me difendere il sagrato dall’invasione di questi zoticoni. Il futuro della piazza è nelle mie mani.
Il Capo della Movida prese la rincorsa fiaccamente. Vedeva ormai tre palloni davanti a sé e non sapeva bene quale colpire ma esitò quel tanto da far tuffare a sinistra il porporato. Tac. Un leggero pallonetto e la palla rotolò oltre i paletti in direzione della statua di Alberto d’Este.
– Gli ha fatto il cucchiaio! – esultò la Movida levando i bicchieri di plastica in aria per il clamoroso gol in zona Cesarini.
Il vicesindaco fischiò la fine delle ostilità con un risultato di parità. La Curia era troppo stanca per andare avanti. La Movida era troppo ubriaca per andare avanti. Tirarono una monetina in aria per decidere le sorti del match.
Ding. La monetina vorticò in aria varie volte e cadette a terra andandosi ad infilare tra due sanpietrini perfettamente in piedi.
Tutto inutile: la situazione impose una riflessione ai presenti vista la continua parità. Che fosse grazie a Dio o ad una sfacciata fortuna, le cose dovevano proseguire come prima. Andò a finire proprio così e il Vescovo ritirò le sue accuse portando pazienza suo malgrado negli anni a venire.
La monetina è ancora là in mezzo ai ciottoli e nessuno ha osato più toglierla, a testimonianza della tregua raggiunta nella lunga battaglia per il controllo della piazza, quella sera in cui la Curia scese in campo contro la Movida e non sembrava certo una Partita del Cuore.