23 Dicembre 2019

Da Ariosto a Warhol: Ferrara torna un po’ New York con la Collezione Farina

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Credo di aver scambiato con Franco Farina non più di qualche battuta in un paio di occasioni, pur avendo chiacchierato di qualunque cosa negli ultimi vent’anni con sua moglie Lola Bonora e ancora di più con sua cognata Paola, avendo imparato molto del mestiere che svolgo oggi proprio da quest’ultima. Così del Maestro ho avuto modo di conoscere prima il privato che l’operato nei suoi trent’anni come direttore di Palazzo dei Diamanti. Per gradi ho ricostruito la sua figura attraverso frammenti, aneddoti, raccontati soprattutto dai suoi familiari, e poi ancora da articoli di giornale, avvicinandomi così all’arte contemporanea e scoprendo artisti importanti che sui libri del liceo non hanno mai trovato posto.

Franco FARINA (a sinistra) con Don Franco Patruno

Ricordo la prima volta che mi venne presentato, da Maria Livia Brunelli, con entusiasmo trascinante: “Maestro! – lo chiamò strappandolo ad una conversazione con qualcuno durante un vernissage – le presento il nostro bravissimo grafico…”
Uno scambio di parole velocissimo, tanto più che fino a quel momento non lo avevo mai sentito nominare, ma dalla riverenza di molti intorno a lui intuii che era qualcuno di importante, forse un critico, la cui magnetica presenza in sala, nonostante l’estrema riservatezza e compostezza, diventava più importante della mostra stessa.

In effetti Farina Maestro lo era davvero, ma di cosa lo scoprii in seguito. Niente a che vedere con l’arte in senso lato, bensì con la più nobile arte dell’insegnamento in età scolare. Un mestiere durissimo, ancora di più oggi, al contempo bellissimo e di grande responsabilità. Ora che ho una figlia piccola vorrei tanto potesse ricevere da una figura come la sua i primi insegnamenti di vita.

Senza TITOLO – PAOLA BONORA

Come sia finito un maestro elementare a dirigere Palazzo dei Diamanti è quasi una storia magica, e non ha niente a che vedere con certe idee che vanno di moda ultimamente, dove sembra normale che tutti possano fare tutto. Dove merito e studio sono diventati disvalori e l’uomo della strada ha diritto a diventare Presidente perché diamo per scontato che farà meglio di tutti gli altri.

Farina non ha solo diretto un museo, ha inventato di sana pianta un modo di raccontare e proporre i grandi artisti contemporanei in una città di provincia priva di idee e soldi in tasca per portarceli davvero. Ha costruito un polo museale intorno al quadrivio rossettiano che ha reso Ferrara di nuovo punto di riferimento del panorama culturale italiano, ha creato spazi di approfondimento nuovi e sperimentali come il Centro Video Arte e la Sala Polivalente che ancora oggi fanno scuola. Dal 1963 al 1993 sono transitati qui, tra gli altri, Warhol, Rauschenberg, Schifano, Vedova, i videoartisti e tanta parte della critica nazionale e internazionale. Quasi mille eventi organizzati, frutto di un preciso progetto culturale, fitto di incontri, relazioni, prospettive.

In un’intervista nel 2015 Lola, al suo fianco fin dal 1950, così mi raccontava gli inizi del marito a Palazzo dei Diamanti:

Franco era stato per un periodo segretario dell’Istituto Gramsci e scriveva come corrispondente per Italia Nostra. Non si occupava di arte anche se era una persona sensibile all’argomento. L’allora direttore di Palazzo dei Diamanti, Gualtiero Medri, lo volle come segretario facendogli sistemare vecchie raccolte, così il lavoro che fece in quell’occasione gli servì da palestra per studiare e approfondire in campo artistico.

da listone mag, 19 maggio 2015

Del fermento di quel tempo di cui ho negli anni letto molto, mi è sempre mancato un tassello importante, cioè la collezione di opere che negli anni Farina ha raccolto, non tanto come collezionista metodico quanto più come testimone dello zeitgeist e persona curiosa. Non avevo mai avuto modo di vederla prima, pur avendone sentito parlare molto. Un patrimonio enorme di opere donategli negli anni da artisti locali, nazionali e internazionali, lasciate in dote al Comune di Ferrara e alle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea secondo sue precise volontà, dopo la sua scomparsa all’età di 90 anni nel maggio 2018.

La locandina dell’esposizione – foto di marco caselli nirmal

Da sabato scorso e fino a domenica 15 marzo 2020, grazie al lavoro di ricerca e selezione di Ferrara Arte, un’ampia selezione della collezione è finalmente visibile al pubblico, in continuo dialogo con altre opere già appartenenti alle Gallerie. La mostra al Padiglione di Arte Contemporanea è integrata con alcuni filmati e tante lettere che testimoniano l’attività frenetica di organizzazione di eventi e lo scambio di idee con artisti e operatori culturali che hanno incrociato la loro attività con Farina.

Vederle raccolte insieme in un luogo che lo ha visto protagonista è emozionante. Entrare al PAC sembra un po’ come fare un salto al MoMA di New York negli anni Settanta, tra poster grafici, lettere dattiloscritte, installazioni e tele che hanno scritto la storia dell’arte internazionale, al fianco di nomi illustri della scena locale, sempre attuali e riconoscibili nello stile che ancora oggi alcuni di loro portano avanti. Si va dagli studi e dalle opere su carta di maestri del Novecento come Carlo Carrà e Giorgio de Chirico allo spazialismo di Lucio Fontana, dall’informale di Emilio Vedova al New Dada di Robert Rauschenberg, e poi ancora il Nouveau Réalisme e la pop art di Mimmo Rotella e Mario Schifano, le sperimentazioni di Getulio Alviani e Gianni Colombo.

In alcune sale sono raccontati alcuni eventi cardine di quell’epoca, come l’esposizione I pittori italiani dopo il Novecento, che riunisce i protagonisti del dibattito tra arte figurativa e astratta degli anni Cinquanta, o la memorabile prima assoluta di Ladies and gentlemen di Andy Warhol. E ancora il reenactment di due rassegne degli anni Settanta – Omaggio all’Ariosto e Diversi aspetti dell’arte esatta – che raccontano le idee e i programmi culturali di Farina, a dimostrazione di quanto fossero avanti per l’epoca le idee che vennero messe in campo.

Una stagione irripetibile guidata da un primo della classe o una serie di circostanze che si sono incastrate alla perfezione in un meccanismo virtuoso? Farina diceva modestamente che “il merito dell’Amministrazione comunale fu quello di lasciarmi fare”, ma è chiaro che non basta un ingrediente azzeccato per fare una torta buona e le mani di chi mette insieme il tutto dosando ogni cosa sono sempre fondamentali. Chissà che la mostra della sua collezione, rigorosamente work in progress, non sia di stimolo negli anni a venire, per qualche nuovo Maestro.

Franco farina – da un’intervista di Flavia Franceschini

INFO:
LA COLLEZIONE FRANCO FARINA.

Arte e Avanguardia a Ferrara 1963-1993
Ferrara, Padiglione d’Arte Contemporanea
21 dicembre 2019 – 15 marzo 2020, ore 9.30-13 e 15-18, chiuso il lunedì