17 Settembre 2018

Dal liberty alla SPAL: vivere dietro la Curva Est

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Quattromiladuecentosedici posti complessivi, scritto a parole fa ancora più impressione se si pensa che la Curva Est, tradizionalmente quella degli ospiti che incontrano la SPAL, ha avuto fortune alterne, dallo smantellamento, ai tubi Innocenti, fino alla più recente e dignitosa tribuna provvisoria eliminata definitivamente appena tre mesi fa. Questa sera SPAL-Atalanta inaugura il nuovo look del Paolo Mazza con una curva nuova di zecca, ricostruita dalle fondamenta e destinata a restare: una struttura in acciaio e legno che cambia di molto il colpo d’occhio della via che si trova alle sue spalle, la breve e signorile via Montegrappa. Gettonatissima nella corsa all’ultimo posto libero fino a pochi anni fa in orario mattutino, quando l’USL riceveva il viavai di visite mediche e prelievi del sangue, affascinante in autunno coperta in terra dalle foglie gialle dei ginko biloba è una via che conta appena cinque edifici, ville e palazzine in stile liberty di grande pregio, tutte ancora oggi abitate nonostante i connotati della strada siano profondamente cambiati.

Via Montegrappa fino a pochi anni fa – courtesy Piero Volta

Come si vive dietro la Curva Est ora che i lavori sono quasi finiti e davanti a casa rimane solo il retro di un edificio imponente come uno stadio? Una struttura seppure bella quasi simile da fuori ad un parcheggio multipiano, ad un multisala, ad un qualunque edificio di colore grigio e blu, certo ben diverso da alberi, sole, tetti delle case. Un cambiamento forse difficile da accettare nel giro di tre mesi. Il via vai di ruspe e camion ha tenuto compagnia agli abitanti della via fin da inizio estate ma la vera novità è proprio il panorama che da pochi giorni si può ammirare dalle finestre di casa: la Curva Est, appunto, fresca di costruzione e alta ben più di qualunque edificio eretto nelle adiacenze all’inizio del secolo scorso. Nel prestigioso quartiere Giardino iniziano a vedersi alcuni cartelli vendesi appesi a porte e finestre. Non tutte le famiglie hanno accettato il cambiamento sociale di un quartiere che ha visto prima gli spaccini in bicicletta, poi le ronde, le proteste, le telecamere, gli articoli di giornale in cronaca e infine una squadra di serie A che gioca in casa due volte al mese. Le tifoserie ospiti, i parcheggi, i vigili, le transenne ovunque, dover entrare e uscire di casa a orari precisi per non incappare nel match di turno.

Quando suono il primo campanello per fare due chiacchiere con alcuni degli abitanti di via Montegrappa ho la convinzione che verrò accolto in malo modo: di questi tempi non mi aprirà la porta nessuno, e se lo farà non avrà alcun piacere di parlare del nuovo stadio, la novità non sarà per loro in alcun modo positiva. Mi sbagliavo.

La signora anziana che abita all’angolo con corso Piave è gentilissima e sportiva, scende le scale per parlarci e mentre la salutiamo incrocia lo sguardo di Don Domenico Bedin che passa sul marciapiede e le raccomanda di non aprire agli sconosciuti. Segue le partite della SPAL in tv da tanti anni, non una tifosa accanita ma comunque abbastanza da accettare con riluttanza il cambiamento imposto per esigenze sportive. “Da casa non riuscivo comunque a vedere nulla nemmeno prima. Poi il palazzo dietro la Curva Ovest è una vita che è in questa condizione, ora tocca un po’ anche a noi”.

Il suo vicino di casa è un geometra, di alcuni anni più giovane: ha lavorato con il Comune, conosce bene ditte, colleghi, progetti e lo troviamo molto preparato sull’argomento.
“Io sono tifoso e abbonato da 40 anni, lasciatemi dire subito che dal punto di vista estetico qualcosa il Mazza ha guadagnato, perché sicuramente sta venendo fuori un bel lavoro. Poi se rispettano il progetto sistemeranno la strada, il marciapiede e le aiuole, ne gioveremo un po’ tutti. Certo dal punto di vista urbanistico è un po’ impattante, Ferrara è circondata dalle mura e ha un suo equilibrio, avere uno stadio così al suo interno è impegnativo. Ricostruirlo fuori città però come si sa costava troppo…”
L’idea di avere un po’ di luce in meno ad uno spallino non disturba così tanto e anche la moglie che ci raggiunge poco dopo è tutto sommato contenta. “Un po’ spiace avere più buio davanti ma pensavamo peggio. Certo non c’è più quel bel tramonto che si vedeva da una delle finestre in alto ma ci abitueremo… In ogni caso le imprese si sono comportate in modo molto professionale: camion, gru, trattori giorno e notte, ma appena potevano si prestavano per evitare noie ai residenti che andavano e venivano.” Un po’ di fastidio al limite le provocano le grate Betafence che sono sparse per il quartiere. “Stazionano tutto l’anno ai bordi delle strade, invadendo marciapiedi e posti auto – spiega il geometra – davanti alle scuole secondo me non ci dovrebbero stare. E poi tutti quegli alberi abbattuti in modo selvaggio? Dicono sia per le telecamere, per l’ordine pubblico… comunque ben venga, qui eravamo pieni di spacciatori nei giardini dietro la Mutua, da quando le hanno messe la gente ha paura di essere fotografata e non viene più a comprare. Se non c’erano i lavori per lo stadio secondo me non le mettevano!”

Casa seguente, l’umore è di tutt’altro genere, tendente al nero seppure in modo cordiale e comprensivo. La coppia con cui parliamo non tifa SPAL e non è quindi toccata nemmeno un po’ nel cuore dal cambiamento in arrivo: “Certo, siamo ferraresi e quindi come residenti abbiamo piacere che la SPAL sia in Serie A – raccontano – ma come impatto estetico in una zona di pregio come questa è chiaro che non siamo contenti… Il disagio durante la partita è evidente a tutti, e con i lavori non si riusciva a dormire di notte.”

Al civico dopo il signor Volta ci apre le porte contento di scambiare due chiacchiere sull’argomento: “Pensavo uscisse meglio rispetto al progetto che avevo visto girare in rete: sembra un non finito, avevo capito che la tribuna sarebbe stata coperta in modo diverso, questo legno la fa sembrare un po’ incompiuta ma forse è solo questione di tempo e poi finiranno il lavoro. Dal punto di vista architettonico non mi fa impazzire, è un po’ impattante rispetto i volumi delle case nei dintorni, come la mia che è del 1934.”

Il progetto completo con le coperture ancora mancanti e in fase di realizzazione

Il signor Volta ci manda qualche immagine fotografata dalle sue finestre durante i lavori. Li ha seguiti con cura dall’inizio documentando questo passaggio epocale. “Alla fine ci teniamo questo assetto e va bene così, però avevo anche lanciato una proposta su Facebook – spiega – ma non mi hanno considerato in tanti: invertire le due curve mettendo i tifosi di casa nella Est e gli ospiti nella Ovest. Così la zona di viale IV Novembre sarebbe diventata un comodo parcheggio per la tifoseria fuori casa, liberando da ogni fastidio i residenti, perché i ferraresi che avrebbero parcheggiato dal nostro lato sarebbero stati molti meno, molti vengono a piedi o in bici… Io comunque ora le partite le vedo su Sky, anni fa andavo saltuariamente allo stadio perché mio padre staccava i biglietti all’ingresso, ma erano davvero altri tempi, quelli di Sivori, Maldini… ho perfino giocato una volta insieme a Capello!”

La vista dalle finestre del Sig. Volta

Altri tempi appunto, oggi gli abitanti del quartiere sono molti di più, le esigenze cambiano, ci sono i diritti televisivi, il business intorno al pallone in Italia impone ritmi forsennati, decisioni drastiche, veloci e compromessi per tutti, volenti o nolenti. La voce più polemica che incontriamo casualmente, poco prima di fare ritorno a casa, è quella di Elisa, residente poco più in là in via Fiume. Ha già chiamato due volte i vigili per segnalare comportamenti poco civili dei tifosi davanti a casa sua quando parcheggiano riempiendo tutta la strada, questa estate non ha chiuso occhio per i lavori notturni e i fari potentissimi dello stadio che illuminano a giorno il salotto, penetrando perfino oltre gli scuri della camera da letto. E quelle grate ovunque che “sembra un quartiere militarizzato”? Tutto questo caos per il calcio non lo comprende proprio ma pazientemente tollera e manda giù come tanti altri residenti.
Forse la cosa che colpisce di più a pensarci bene è proprio la pazienza e il senso civico che in tanti hanno ancora, nonostante i disagi che tutti questi cambiamenti continui hanno imposto al quartiere. Cambiano i governi, gli stadi, i campionati di calcio, i campioni di turno. Tifiamo, esultiamo, imprechiamo dietro al Dio Pallone ma sotto sotto, per fortuna, restiamo umani.

Lo stadio nel 1928