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La musica è da sempre un linguaggio universale pieno di sfaccettature e di significati, capace di generare emozioni profonde a chi la ascolta ed altrettante, diverse e a loro modo più coinvolgenti, a chi ha la fortuna di poterla e saperla produrre. Suonare uno strumento musicale è un talento a volte naturale, a volte da scoprire e coltivare con l’aiuto di qualcuno che molto tempo prima ha mosso gli stessi passi provando ad esplorare un terreno sempre in bilico tra le severe leggi della matematica e quelle del cuore.
Sono tanti i posti anche nella nostra città dove approfondire il linguaggio musicale: uno in particolare rappresenta un’eccellenza per l’intera Emilia-Romagna, uno di quei luoghi di cui farsi vanto quando parliamo di Ferrara con turisti, amici e conoscenti lontani. Sto parlando della Scuola di Musica Moderna che oggi sorge sulla darsena del Po di Volano, negli Ex Magazzini Generali noti anche come Palazzo Savonuzzi.
E’ tardo pomeriggio quando arriviamo per fare due chiacchiere con il mitico Roberto Formignani, direttore della Scuola nonché bluesman da sempre, punto di riferimento musicale per generazioni intere che sotto la sua ala hanno sperimentato i primi rudimenti della chitarra elettrica dalle sonorità roots a quelle più hard. Le aule tirate a lucido della nuova sede della scuola affacciano su un unico corridoio, a distinguerle da fuori tutte bianche e silenziose solo un grande numero nero sulla porta che le ordina senza far trapelare nulla di quanto avviene al suo interno.
La prima cosa che noti alla Scuola di Musica moderna è il perfetto silenzio ovunque, mentre dietro quelle porte sta probabilmente succedendo di tutto: chi si sfoga su un rullante cercando di diventare il più grande batterista di tutti i tempi, chi vocalizza nel tentativo di scaldare l’ugola per cantare, chi sta improvvisando una jam session blues, chi è chino su un vecchio pianoforte e cerca di studiare la prima riga del Chiaro di luna di Beethoven come un pensionato che teneramente attrae la mia attenzione di ex pianista.
I micromondi dietro quelle porte raccontano ognuno una storia, sono fatti di passione, strumenti tirati a lucido a volte sofisticati, pareti piene di foto, ritagli, appunti e persone sorridenti che sembrano divertirsi. Anche gli insegnanti non sembrano veri insegnanti, di quelli severi che ti chiedono se hai studiato la lezione, che ti danno i voti e parlano con i genitori perché il figlio non si applica. Sono musicisti prima di tutto, trasmettono la loro esperienza, offrono consigli, un metodo, un approccio più moderno allo strumento. Avere il privilegio di entrare anche solo per pochi minuti in ogni stanza per carpire scampoli di lezione fa venire voglia di iniziare a studiare ogni strumento, dalle congas alla slide guitar, dal basso elettrico al flauto traverso. Fuori il fiume scorre lento e silenzioso, dentro c’è un mondo di suoni ad un volume che avvolge e arriva al cuore. La musica suonata, per chi la può capire, è tutta un’altra cosa.
Come siete arrivati fino a qui? Sembra tutto un altro mondo rispetto la vecchia sede nel quartiere Barco, tra grossisti e magazzini di merce di periferia! – chiedo a Formignani, alto, asciutto in una camicia slim da musicista navigato, tra noi due senz’altro quello più alla moda nonostante una certa differenza di età a separarci. “Fino ad appena due anni fa esatti eravamo in un capannone del Centro Commerciale Diamante in via del Commercio – racconta Formignani – siamo nati nel 1986 ancora come Cooperativa Charlie Chaplin”.
Quella di Luci della città, lo storico magazine indipendente fondato da Stefano Tassinari.
Esattamente. Mentre curavamo quel periodico abbiamo ottenuto spazi nel teatrino del Centro civico di Pontelagoscuro e dopo qualche anno di attività siamo finiti a Barco. Nel 1990 la Cooperativa chiuse e venne creata l’Associazione Musicisti di Ferrara, nove soci che facevano parte della Charlie Chaplin pronti ad iniziare un nuovo percorso. Avevamo pochi allievi, un’aula magna, una segreteria e un paio di aule… poi abbiamo tirato su muri alla buona per ricavare ulteriori aule, visto il numero di allievi che aumentava.
Diventare grandi passa anche per alcuni snodi complicati, rotture, divergenze. Nel 2000 Formignani ed altri presentano un documento al consiglio direttivo chiedendo di cambiare radicalmente il modo di pensare l’associazione e la scuola.
Da 250 allievi e 9 insegnanti radunati oltre dieci anni provenienti in larga misura anche da fuori Ferrara, si arriva agli attuali 25 insegnanti e 800 soci di cui 670 sono alunni frequentanti, un numero decisamente alto per passare inosservato.
Chi sono gli altri soci?
A settembre abbiamo inglobato il Wanderer club, un’associazione che creava guide all’ascolto sull’opera, e che portava gruppi di persone in giro per l’Europa ad ascoltarle nei teatri. Per loro sopravvivere era complesso ma ora che li abbiamo inglobati rappresentano per noi un valore aggiunto. In questi anni siccome la scuola non è riconosciuta dallo Stato e nemmeno finanziata ci siamo dedicati ad attività complementari che hanno bucato il muro di gomma necessario per avere contributi ed essere notati.
Quindi arrivarono finanziamenti per costruire questa sede?
Sapevo di questo posto in Darsena dal 2001: l’Amministrazione comunale era già intenzionata a spostarci, ma l’idea iniziale era quella di fare di questo luogo uno sportello per i giovani. Con i fondi a disposizione venne ristrutturata la parte al piano terra poi inaugurata da un’Associazione di danza, un paio di anni prima dell’esordio dei ragazzi di Wunderkammer.
Abbiamo inaugurato questa nuova sede due anni fa, il giorno del terremoto abbiamo finito di fare il trasloco. Una parte dei soldi necessari per i lavori è arrivata da un bando di ANCI e del Ministero della Gioventù, la parte tecnologica dalla Regione e un’ultima da un mutuo che abbiamo acceso noi come Associazione, togliendoci così la spada di Damocle dell’affitto.
Finalmente in città, così raggiungerete più persone, sarete più visibili.
Siamo arrivati in punta di piedi per non disturbare il quartiere ma va detto che i lavori sono venuti molto bene, le finestre isolano perfettamente… Qui si è creato un movimento diverso, più vicino alla città e sotto gli occhi di tutti. Abbiamo stretto accordi nuovi, ad esempio con il gruppo dei Dieci, per fare concerti Jazz gratuiti in aula magna. Abbiamo portato avanti l’intento delle Guide all’ascolto di musica moderna, ogni 15 giorni da novembre a maggio, e da due anni anche con la musica classica la domenica pomeriggio e sull’opera il martedì sera…
E’ vero che alla fine chi studia chitarra in questa scuola finisce per fare blues? E se bussa alla porta un metallaro?
Ho tanti allievi che sono diventati metallari, che fanno anche lezioni private e studiano seriamente lo strumento. Pensa che quest’anno ai saggi suoneranno un pezzo dei Megadeth! Magari potergli insegnare solo blues, ma devo spaziare dall’hard rock al country, altro genere che amo molto. Devo accontentare i vari gusti degli studenti.
Se un ragazzo viene qui e chiede un genere particolare può studiarlo?
Se è proprio da zero si fida un po’ e gli dai degli indirizzi… ma finiscono con il suonare generi anche molto diversi, il che crea un bello spettacolo quando metti insieme tutti i musicisti. Ci sono poche scuole di musica che si azzardano a fare saggi molto visibili, per via del livello incerto. Per tradizione i pre-saggi prima di quello finale da noi sono tantissimi, poi chiudiamo al Centro Sociale Il Quadrifoglio di Pontelagoscuro con tre serate rock dove scegliamo i pezzi da proporre nell’evento finale di Piazza Castello, il saggio finale del prossimo 18 luglio. Ogni anno è sempre pieno zeppo di genitori, amici e curiosi, è una bellissima serata.
I corsi qui hanno una durata precisa?
Idealmente è un triennio, poi alcuni si trovano bene e vengono fino a quando si sentono preparati. L’esame c’è solo per i corsi di Teoria ed oltre a quello rilasciamo un attestato di merito per lo strumento. La scuola non è riconosciuta statalmente ma facciamo parte di Assonanza, l’associazione delle scuole di musica dell’Emilia-Romagna, che sono tante e spesso sconosciute. Ce ne sarebbero 350 in tutta la regione, ma alcune sono così piccole da non essere interessate a fare rete…
Gli studenti fanno una lezione a settimana, spesso individuale o in piccoli gruppi a seconda dello strumento, oltre a Teoria, Coro e corso di Home Recording che altrove costerebbe un sacco e qui è incluso nella retta e costa appena 100 euro se ti iscrivi come esterno. Unisci a questo concerti, guide all’ascolto, eventi speciali… offriamo un sacco di proposte musicali per allievi e cittadini. Fare cultura diffusa è questo, non basta fare un festival di tre giorni. Con il contributo che danno ad un festival così breve ci paghi persone che ogni 15 giorni fanno lezioni, seminari ed eventi continuativi durante l’anno.
A che età si comincia? Al Conservatorio ora si può iniziare solo al termine delle superiori, qui gli enfant prodige sono ben accetti?
Abbiamo allievi dai tre anni fino a oltre settanta… persone che vanno in pensione e si mettono a studiare uno strumento. Con questi metodi nuovi lo studio della musica si è abbreviato: io sono autodidatta, non ho mai preso lezioni, ma era durissima far tutto da soli… dopo cinque o sei anni eri ancora un principiante, ora in due o tre anni salgono sul palco ai saggi e suonano benissimo! Scuola di musica moderna significa divertirsi con la musica, studiare in modo moderno. Per una persona anziana che in due o tre anni impara a suonare uno strumento, non sarà meglio che andare al bar a giocare a carte tutto il giorno?
Poi magari nascono collaborazioni o nuovi gruppi all’interno della scuola.
Certamente. Abbiamo prodotto il gruppo dei 4tdice, una vera rivelazione con cui abbiamo vinto di recente un importante concorso, prodotto un disco di jazz di Federico Benedetti, un album dei Bluesmen… i famosi indie siamo noi, ci autoproduciamo e facciamo tutto da soli.
In che rapporti siete con Jazz Club o il Conservatorio?
Pensa che il Jazz Club l’ha fondato mio padre con altri soci negli anni Settanta… per quello son diventato musicista, mio padre invece della tv accendeva lo stereo. Purtroppo facendo lezioni la sera fino anche a tardi non riusciamo a frequentare il Jazz club, ma una frangia di esso che è diventata poi il Gruppo dei Dieci ha organizzato dei concerti insieme a noi. Con il Conservatorio abbiamo in cantiere una piccola convenzione per la formazione il prossimo anno e per qualche concerto speciale… piccole cose ma ci proviamo, è importante che queste istituzioni musicali cittadine rimangano vive ed attive.
È ormai sera inoltrata, le ore qui dentro passano in fretta e dall’aula magna dedicata a Tassinari escono le note di un piano: si prepara il coro e continuano ad arrivare nuove persone, mentre gli studenti terminata la lezione tornano verso casa. La musica da queste parti sembra davvero non finire mai, chissà se le orecchie di Roberto Formignani riuscirebbero a resistere per i celebri quattro minuti e trentatrè di silenzio di John Cage.