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Largo Antonioni non ha sempre avuto quel nome, e come per molti è ancora un tratto di via Previati così il Conservatorio Frescobaldi riporta nei documenti ufficiali anche il suo vecchio indirizzo, tanto caro ai più. Via Previati 22 è un portone imponente un po’ nascosto tra gli alberi, in un crocevia di gente che cerca posto per parcheggiare e studenti che escono ed entrano dall’adiacente scuola elementare o dal Museo di Storia Naturale. Quando gli echi delle lezioni di musica vanno scomparendo nel tardo pomeriggio si accendono le luci nel vicino cinema Boldini, i cui locali sono adibiti invece alla settima arte.
Persino il retro dell’auditorium del Conservatorio non dà troppo nell’occhio e nonostante domini la scena su Piazzetta Sant’Anna lo riconduciamo sempre e solo alla cella del Tasso. Il Frescobaldi è un’istituzione discreta e al contempo molto radicata nel tessuto culturale cittadino, ma ha da sempre un’alta qualità didattica e soprattutto si innova costantemente proponendo nuovi corsi attingendo da sonorità antiche e contemporanee. Particolare attenzione è rivolta alla Musica Antica, vista la tradizione che affonda le radici nel passato illustre dei musicisti della Corte Estense, e alla Musica Jazz, con un triennio sperimentale attivo ormai da molti anni.
Scenari che a marzo si sono bruscamente interrotti per l’epidemia di Covid-19 e che necessitano come un po’ tutto il mondo della scuola, di una ripartenza organizzata, di un nuovo assetto e di trovare nonostante tutto il modo per svolgere lezioni di strumento da settembre. Qualcosa di fisico oltre che concettuale: studiare uno strumento è anche postura, movimenti di braccia e mani, che impongono presenza e non solo una semplice videochiamata Skype.
Di sicuro il Conservatorio non si è perso d’animo in questi mesi, riuscendo ad essere comunque molto attivo in ogni modo possibile. Si sono appena chiuse le iscrizioni per il prossimo anno accademico e tra le novità in arrivo ci sono corsi di musica antica e, primo in Italia, quello di Flauto jazz. Lo conferma il direttore Fernando Scafati: “Sono stati mesi molto difficili e abbiamo cercato di mettere in campo tutta l’energia necessaria per andare avanti e mantenere la didattica con gli allievi: la passione e la voglia di continuare a suonare nonostante tutto hanno sostenuto gli studenti e i docenti.”
Il consueto appuntamento di giugno con gli Open days è finito come tante cose online. Come è stato possibile dialogare con il pubblico e rispondere ad eventuali richieste o ascolti?
È stato un esperimento che ha sostituito il nostro annuale appuntamento rivolto alla cittadinanza che permetteva di visitare il Conservatorio con visite guidate all’interno delle aule, prove con gli strumenti e incontri con docenti e allievi che già frequentano i corsi. Quest’anno, online, sono state create alcune “stanze virtuali” con i vari docenti attraverso la piattaforma Google Meet: i visitatori hanno potuto assistere a lezioni, esibizioni degli studenti e parlare con i docenti. E i numeri di accessi agli incontri online sono stati oltre le nostre aspettative: 3.137 in totale.
Durante il lockdown avete proseguito con le lezioni online pur con le difficoltà dello studio di uno strumento?
Grazie alla disponibilità dei docenti le lezioni sono continuate utilizzando tutte le piattaforme possibili: da Google Meet a Zoom a Skype a Whatsapp: procedure più immediate per gli argomenti teorici, sicuramente più complesse per quelle strumentali, legate alle incognite della connessione alla rete e ai mezzi tecnici a disposizione.
E chi doveva sostenere esami?
Gli esami di strumento e quelli finali siamo riusciti a organizzarli in presenza, quando le condizioni lo hanno permesso.
Quanti studenti sono iscritti attualmente al Conservatorio? Sono in aumento o in calo e che numeri vi aspettate il prossimo anno con l’ampliamento dell’offerta formativa?
Gli studenti iscritti sono circa 400, tra corsi accademici e non accademici. La tendenza (che riguarda anche le Università e le Accademie di Belle arti) è in calo perché temo che questo anno inciderà notevolmente per il futuro: basti pensare a tutte le limitazioni dello spettacolo dal vivo, ai teatri e alle orchestre. L’ampliamento dell’offerta formativa è uno degli strumenti con cui auspichiamo di far fronte alle difficoltà del momento.
Colpisce l’introduzione di nuovi corsi di strumenti antichi come il Liuto o il Violino barocco… una scelta dettata da una richiesta del pubblico o si tratta da parte vostra di voler conservare tradizioni e insegnamenti che altrimenti vanno perdendosi?
La Musica antica è in grande crescita negli ultimi anni: l’ampliamento della nostra offerta segue questa direzione, perché una città di tradizione rinascimentale come Ferrara non può fare a meno di offrire queste possibilità agli studenti che vengono da ogni parte d’Italia e del resto del mondo.
Il mandolino ha invece una sua storia a parte: in città c’è l’Orchestra Gino Neri da oltre un secolo: avete attivato qualche forma di partnership ufficiale con l’Orchestra per il futuro?
Abbiamo già una convenzione in essere, come con altre Scuole di musica e Istituzioni musicali. Sicuramente l’apertura di questo corso darà la possibilità per una collaborazione specifica e permetterà ai mandolinisti presenti in città di poter seguire gli studi a Ferrara invece di andare altrove.
Parlando invece del triennio jazz: sarete i primi ad avere un corso di flauto jazz. E non è stato semplice attivarlo…
Il Flauto jazz ha una storia “travagliata”: solo lo scorso anno, dopo un lungo iter procedurale che abbiamo promosso, è stato istituito a livello ministeriale il settore artistico-disciplinare ufficiale. Noi abbiamo da tempo il biennio sperimentale, ma non era possibile un riconoscimento nell’ordinamento: adesso abbiamo avuto il biennio e il triennio ordinamentale, per il momento unici in Italia!
E il nuovo corso di “composizione jazz” in cosa consiste invece? Il jazz non è per antonomasia in larga parte improvvisazione?
Si tratta di un corso rivolto in particolare a futuri direttori, arrangiatori, produttori musicali: c’è un ampio ventaglio di possibilità. L’improvvisazione jazzistica è il frutto di una lunga ricerca: il termine “improvvisazione” non deve trarre in inganno. Sono necessarie molte competenze in ambito teorico, armonico e strumentale!
Sono già in agenda degli appuntamenti pubblici per il conservatorio, dopo l’estate?
In ottobre è prevista l’esecuzione di 5 concerti dedicati alle Sonate per pianoforte di Beethoven, in occasione dei 250 anni dalla nascita con gli studenti delle classi di pianoforte. In questa situazione di incertezza generale abbiamo preferito attendere, ma l’intenzione è di ripartire nell’ambito della produzione su tutti i fronti. Sono ottimista sulla ripresa graduale dei concerti che non abbiamo potuto realizzare in primavera. Musica che vogliamo tornare a offrire alla città, nei tanti luoghi prestigiosi di Ferrara che ospitano le nostre iniziative.