17 Giugno 2018

Il Mondiale degli altri: Portogallo-Spagna in casa Vacchi

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Troppo cocente la delusione per l’assenza dell’Italia ai Mondiali di Calcio. Io il calcio lo seguo poco, mi limito a leggere i risultati ogni tanto, a capire chi è primo in classifica nel campionato italiano (la Juve), chi vince lo scudetto (la Juve) e cosa fa la Spal (resta in Serie A). Ma ogni due anni, quando gioca la Nazionale per Europei o Mondiali, divento un vero tifoso: soffro davanti alla tv, divento allenatore, tattico, polemico, scaramantico, non ci sono per nessuno per 90 minuti sperando che vittoria dopo vittoria si ripeta l’impresa del 2006 (tedesco-mangia-la-pizza, Grosso-DelPiero-dueazero, Mio-Dio-FabioGrosso, Il-cielo-è-azzurro-sopra-Berlino, ecc…).

C’è sempre una prima volta nella vita: quest’anno ci tocca seguire i Mondiali senza gioie e dolori del tifo per la Nazionale, così ho pensato che fosse il caso di guardare qualche partita in compagnia di perfetti sconosciuti, tifosi della loro Nazionale, nati all’estero e venuti a vivere a Ferrara. Tanto per tifare insieme a qualcuno, per calarmi almeno un po’ nei panni di chi lontano da casa per novanta minuti è virtualmente in piazza a stringersi insieme ai suoi connazionali. Per ridare un senso al mio Mondiale, conoscere persone e capire soprattutto come diavolo siano finiti a Ferrara, qui dove anche le rondini si fermano il meno possibile (cit.).

Portogallo – Spagna è la prima partita del Gruppo B, un derby iberico di tutto rispetto, tra due squadre che hanno buone chance di andare avanti nel torneo: da un lato la Roja campione del mondo 2010 e d’Europa due anni dopo, dall’altro i lusitani campioni d’Europa in carica di CR7, che non è un composto chimico – lo scrivo per quei pochi che proprio di calcio stanno messi peggio di me – ma quell’alieno di Cristiano Ronaldo, cinque volte Pallone d’Oro.

Per assistere al match andrò a trovare Sara e Michele, lei spagnola di Madrid, lui copparese di Copparo, una coppia che definire giramondo è riduttivo, perché di luoghi dove vivere ne hanno cambiati un po’ e da due anni hanno trovato una casa in affitto in centro a Ferrara, una casa grande e d’altri tempi con un giardino pieno di zanzare e un terrazzo dove fare il barbecue con gli amici. C’è anche un cane festoso, Ugo, che mi accoglie all’arrivo zampettando sulla maglietta rossa che ho indossato per l’occasione. Quando entro e mi presento scopro che nonostante la loro giovane età Sara e Michele hanno già due bellissimi bimbi a completare il team: Leo ha due anni e mezzo, è nato a Chicago e capisce inglese, spagnolo e italiano, Lola ha tre mesi e per adesso capisce il latte e il sonno, ma tiferà le furie rosse non appena sarà in grado. O l’Atletico Madrid, come sua madre.

Il tempo di aprire qualche birra e partono gli inni nazionali, i giocatori non lo cantano, ma è tutto normale mi spiega Sara. Mica come noi negli Anni Novanta che ne avevamo fatto un caso mediatico additando i nostri undici come ignoranti insensibili. L’inno spagnolo, la Marcha Real non ha un testo ufficiale, ne ha cambiati molti per volere dei vari Re, l’ultimo durante la dittatura franchista, che una volta caduta ha lasciato gli iberici senza un testo da cantare: di solito si pronuncia solo momomomomomo.

Due minuti ed è rigore per il Portogallo. Scende il gelo. Dal dischetto Cristiano Ronaldo, l’alieno, trasforma con grande professionalità. Uno a zero per i fratellini portoghesi. Capite il mio imbarazzo di ospite a sorpresa: sto già portando sfiga? Finisco la birra e vado?
Ronaldo non è soltanto uno dei più forti giocatori al mondo (il più forte?) ma anche un portoghese alla corte del Real Madrid, colui che l’ha portata per l’ennesima volta sul tetto d’Europa. Per una tifosa dell’Atletico è il Male Assoluto, il simbolo del potere economico e sportivo del ricco Real, club che da sempre rappresenta la parte più ricca della capitale spagnola, oltre ad essere più vincente e blasonato.

Sara mi racconta dell’allenatore spagnolo Lopetegui, esonerato a poche ore dall’inizio del torneo, manovra che spera non destabilizzi la squadra. L’annuncio del suo ingaggio al Real Madrid a partire dalla prossima stagione non è piaciuto alla Federazione spagnola che l’ha silurato su due piedi. Al 24′ la Spagna pareggia con Diego Costa, Michele esulta e fa notare che la Spagna da anni tutto sommato gioca senza attaccanti, il piccolo Leo salta sul divano mentre Lola ormai è quasi addormentata. Arrivano le pizze, la mia è un clàsico come questa partita, con il chorizo, il salame piccante.

Sara è tifosa della Roja ma il calcio è materia per tutti in casa: Michele è un ex calciatore e la domenica su Sky si fa quasi sempre una lunga maratona: prima la Formula Uno o le moto, poi la Serie A, con uno sguardo alla Spal e per chiudere in serata la Liga spagnola sperando, come quest’anno, che l’Atletico faccia meglio del Real. Fine primo tempo, Portogallo in vantaggio di nuovo un minuto prima con rete bellissima del solito CR7.

Michele è di Copparo ma ha girato il mondo, tanto quanto Sara: oggi sono a Ferrara ma si sono conosciuti a Milano dove lui si trovava per lavoro, hanno vissuto a Torino, poi Chicago, dove è nato Leo, prima di venire a stare a Ferrara. Il matrimonio, per non farsi mancare niente, l’hanno organizzato in Toscana. Prendo appunti per non perdermi. La madre di Sara è di New York, Manhattan, il suo futuro marito, madrileno, l’ha conosciuto in Grecia poi sono andati a stare nella capitale iberica. Sara ha studiato veterinaria in Spagna, si è specializzata in cardiologia veterinaria a Milano ed oggi gira per varie strutture come freelance in partita iva. Così ho tempo per stare con i miei figli – spiega – gli orari sono molto variabili a seconda del periodo e delle cliniche con cui collaboro.

Ci sono mestieri specifici, come il veterinario, e quelli ancora più specifici come il cardiologo veterinario. Non chiedo numeri ma ho l’impressione non se ne trovino così tanti in giro. Michele è ingegnere gestionale, quell’ingegneria che non si capisce mai cosa faccia di preciso (gestisce?) ma si è fatto le ossa in giro per il mondo, dall’Erasmus in Australia alla Ferrari, tra Chicago, Torino, Milano ed ora nella ditta del padre che produce software gestionali nel padovano. Ferrara è solo un tassello della loro famiglia giramondo ma per loro anche una città a misura d’uomo dove fermarsi e crescere due bambini.

Secondo tempo: la Spagna dopo dieci minuti dalla ripresa pareggia e passa in vantaggio nel giro di tre minuti. Leo esulta, io tiro un sospiro di sollievo per il risultato, Lola dorme, Ugo è fuori che gira in giardino. Ma in Spagna tifano tutti la nazionale, anche gli indipendentisti catalani? Sara dice che la situazione è molto diversa a seconda delle città, che a Barcellona tifano eccome per le furie rosse, nonostante magari non li si veda mai con la maglietta o sventolare la bandiera spagnola (è un po’ roba da nostalgici franchisti). Nei paesi dell’entroterra il senso di appartenenza alla Catalogna è più forte e si snobba quanto avviene in Spagna. Riguardo al calcio c’è persino una Federazione di calcio catalana, con squadre poco note all’estero.

– E Ferrara come appare agli occhi di chi è abituato al caldo torrido e alle dimensioni di una capitale come Madrid?
– Sai cosa mi stupisce qui da voi? – ride Sara – Come attraversate la strada buttandovi nei punti più impensabili, c’è da stare attentissimi!
– E io che pensavo alle zanzare, la nebbia. Che siamo un po’ freddi e inospitali.
– Inospitali non è vero, siete accoglienti, ma bisogna un po’ conoscervi, magari sembrate chiusi in un primo momento.
– Le zanzare son davvero tantissime, in giardino non ci si dura nonostante la disinfestazione. Però il clima non è così brutto, quando c’è il sole il cielo è ancora azzurro, mica come a Milano che era molto più grigio per lo smog.
– E si può andare in bici…
– Esatto, posso muovermi in bici per andare ovunque, per girare con i bambini, è a misura d’uomo. Venendo da grandi città come Madrid, Chicago e Milano non mi pare vero.

Ottantottesimo minuto. Di nuovo, fine del sogno rosso: Cristiano Ronaldo pareggia con una punizione spettacolare da cavarsi gli occhi. Fine dei giochi, 3 a 3, ma il risultato è giusto: partita combattuta da fasi finali più che iniziali del Mondiale, gol, spettacolo e ritmo che in Italia non si vedono ormai da tempo. Per una sera è bello non tornare a casa con il mal di pancia per il risultato, anche perché nel mentre tra gelato e mirto, la piacevole chiacchierata con Sara e Michele va un po’ oltre il calcio e la calda sera estiva si presta per discorrere un po’ di tutto prima di salutarli e ringraziarli per l’ospitalità: serie Netflix, asili nido, politica…

In Spagna c’è da pochi giorni un nuovo governo socialista, dopo che è caduto Rajoy e il PPE in seguito al voto di sfiducia. Sara mi racconta come funziona il sistema elettorale e delle alleanze necessarie per trovare ogni volta una maggioranza in parlamento, creando governi fragili che durano pochi anni, dopo ogni tornata elettorale.

Ma questa storia mi pare di averla già sentita da qualche parte, no?