Torna agli Articoli
C’era il sole finalmente in questo maggio instabile e fresco, c’erano un sacco di bambini con i loro genitori, insegnanti, curiosi, passanti e autorità. Ieri pomeriggio nel cuore del quartiere più chiacchierato del momento – la cosiddetta GAD, ça va sans dire – a pochi giorni e pochi metri dalle provocazioni in corteo di qualcuno che ha deliberatamente alzato l’asticella dell’esasperazione per portarla su un piano politico, è successa una cosa piccola e al contempo grande. A Factory Grisù, lungo le pareti esterne di via Poledrelli, si è presentato il “Giardino segreto”, installazione artistica realizzata dagli alunni delle due scuole elementari presenti nel quartiere, Govoni e Poledrelli. Le nicchie sono state riempite con alcune opere di poster art progettate da 80 bambini partecipanti al progetto, sotto la guida dell’Associazione Basso Profilo. Al termine una merenda collettiva a porte aperte, tra il cortile interno dove i bimbi si sono divertiti a giocare e scoprire alcune audioinstallazioni create per l’occasione, e le strade esterne che al calare della sera diventano teatro di episodi spiacevoli non più tollerabili. Non bastano certo i sogni e i disegni dei bimbi a farli sparire ma rappresentano uno dei tanti modi di come si può tenere vivo un luogo riempiendolo di idee e voglia di fare, coinvolgendo anche i più piccoli.
Appena 24 ore prima, nel medesimo luogo, le associazioni che operano nel quartiere GAD – comitati, gruppi spontanei e operatori ma anche semplici cittadini – si sono riuniti in un World-Cafè, organizzato dal Centro di Mediazione che ha sede alla base del Grattacielo. Hanno raccolto idee e proposte da attuare durante il festival Giardino d’estate, nel parchetto Giordano Bruno, dietro l’imponente edificio della Mutua che di giorno è spesso popolato da qualche ubriaco che bivacca sulle panchine, mentre di notte è un comodo dormitorio per qualche senza tetto o spacciatore. In realtà seppur dimenticato è un parco bellissimo: ha alcune giostrine, una fontanella, tavoli, panchine e persino un campetto di basket da riqualificare. È il posto dove da piccoli ci portavano i nonni a giocare e dove dovremmo imparare a portarci i bambini di nuovo, per riappropriarci di spazi che appartengono a tutti, senza quel senso di sconfitta di chi in fretta gira alla larga quando arrivano sconosciuti ad usarli in modo improprio. Da fine giugno il piccolo chiosco Mac Murphy che vi si affaccia diventerà il centro attorno al quale verranno organizzati concerti, workshop, momenti di teatro, danza, reading e quant’altro. Certo non basta un festival estivo per far sparire il degrado ma è un altro modo per far vivere quel quartiere che un tempo era il più elegante della città con le idee delle realtà stesse che già operano in quel territorio.
Il prossimo weekend a Ferrara si terrà la prima edizione dello Sharing Festival e il centro sarà impegnato in dibattiti, conferenze e workshop su tematiche sociali, economiche, culturali. Come se questo non bastasse a rendere vitale il weekend, a pochi metri della stazione il quartiere Giardino non smette di pulsare, pensare, inventare. Da qualche tempo l’area del dopolavoro ferroviario è diventato un centro di produzione culturale vicino alle tematiche della street art e della musica live sotto il nome di Cargo. Venerdì 20 maggio ci sarà la prima edizione del festival “Ferrara Suburbs are not Dead” presso la zona estiva e open air del Bender Bar sul binario 1, con musica live e dj-set. Il giorno seguente si prosegue con la prima edizione di “Railway Festival Emergency”, aperitivo solidale a sostegno di Emergency seguito da testimonianze dirette di Emergency sul Programma Italia, musica e cibo per tutti.
Non serve chiudere le stazioni di notte per risolvere i problemi di un quartiere, servono più realtà come Cargo che si rimboccano le maniche per pensare uno spazio in modo diverso e creativo, serve invogliare le persone ad uscire di casa per vivere il quartiere in modo diverso. Aprire le porte, non barricarsi in casa lasciando vincere la paura. Se in ogni piazza ci fosse un concerto o una mostra, un aperitivo o una piccola festa, se la voglia di fare superasse quella di dire, di lamentare, di chiedere soluzioni drastiche ale forze dell’ordine, ecco che forse qualche risultato tangibile lo si otterrebbe.
C’è una parte dei miei concittadini che legge ogni giorno notizie degradanti, si indigna, richiude il giornale e si fionda sui social network a vomitare bile con soluzioni di giustizia fai-da-te. E c’è quella che dopo la medesima indignazione si mette all’opera per trovare soluzioni, coinvolgere le persone, favorire l’integrazione, il dialogo e la pacifica convivenza. Non è con le ronde e i cortei che si ripulisce un quartiere, spostando magari il problema in un’altra zona che inizierà a protestare poco tempo dopo. È riappropriandosi di spazi che consideriamo da abbandonare, mettendoci l’ingegno, l’astuzia, la creatività.
Mi sembra in questi anni di vedere sempre le stesse persone lavorare in questa direzione. Ho avuto modo spesso, grazie all’attività di Listone Mag, di conoscerle e apprezzare il loro operato. Sono sempre le stesse ad ogni appuntamento, in ogni occasione, ad ogni dibattito, tavola rotonda, brainstorming, inaugurazione. Vorrei vederne di nuove, forze fresche, gente motivata a cambiare le cose impegnandosi perché la città sia di tutti e per tutti. Vorrei vedere tanti altri bimbi coinvolti in un progetto artistico, tante nuove associazioni intorno ad un tavolo a ragionare su proposte concrete o spazi nuovi riempirsi di idee come sta succedendo a Cargo o Grisù, per citare solo gli ultimi arrivati nella zona.
C’è una città che si lamenta e una città che si organizza. Quando la seconda supererà in numero la prima avremo un posto migliore dove stare entrambi e sarà valsa la pena aver fatto questo sforzo. C’è ancora molto lavoro da fare soprattutto sulle nuove generazioni: saranno loro a dover dire no all’odio razziale, all’omofobia, alla paura del diverso, dello straniero in casa nostra. Generazioni cresciute con internet, cittadini del mondo grazie ai voli low cost e aule scolastiche dove incontrare e conoscere persone che provengono da altri paesi, con diverse usanze, religioni o costumi sessuali. Sono loro che abiteranno la Ferrara di domani e dovranno confrontarsi con un mondo che certo è più complicato ma anche più ricco e stimolante di appena trent’anni fa. Serviranno anni ma sono sicuro si arriverà ad una pacifica convivenza tra persone diverse, è solo una questione di tempo, in barba a chi si lamenta e si chiude a chiave impaurito nella propria casa, attendendo una soluzione dalle forze dell’ordine. Voi da che parte della storia vorrete stare?