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Se non avete avuto la fortuna di assistere in diretta allo spettacolo in streaming “Ludwig Van Beethoven – 5 cose da sapere sulla sua musica” di Alessandro Baricco, c’è una buona notizia per voi: sarà online ancora qualche giorno fino al 29 dicembre sul canale YouTube del Teatro Comunale di Ferrara. Riporto il video per comodità anche qui sotto, a patto che indossiate buone cuffie e abbiate un monitor grande per goderne al meglio l’esperienza. Poi sparirà per un po’ dalla rete, in attesa forse che lo metta in onda la RAI o finisca sulle piattaforme streaming perché rimanga a disposizione della collettività.
Che vi piaccia o meno Beethoven, che riconosciate in qualche modo l’originalità dello stile narrativo di Baricco o no, credo che l’operazione messa insieme sotto la regia del nostro Teatro Comunale sia stata qualcosa di speciale ed unico. Un format nato per le scuole di ogni parte dello Stivale e poi messo a disposizione di tutti, in un anno in cui non si è potuto per mesi frequentare i teatri, rappresenta un’occasione inaspettata per fare davvero Cultura in modo diffuso grazie alle tecnologie di cui disponiamo.
Intendiamoci, non sono tecnologie nuove, potevamo trasmettere concerti e spettacoli anche dieci anni fa, ma era ovvio a tutti che l’esperienza dal vivo fosse indiscutibilmente migliore. In un anno come questo in cui ci siamo dovuti accontentare di fruire contenuti attraverso computer e dispositivi mobili, abbiamo anche imparato gioco forza ad usarli molto meglio di un tempo, colmando gap generazionali e insegnando a chi era rimasto indietro come fare per poter comunicare, ascoltare, interagire a distanza. Se c’è una cosa buona che ha portato questo 2020 forse è proprio questa e i numeri lo dimostrano.
Le narrazioni di Baricco con gli intermezzi dell’Orchestra Canova e della bravissima pianista Gloria Campaner hanno tenuto incollate davanti al monitor quasi 5000 persone contemporaneamente da tutta Italia per un’ora e mezza. Il video dopo nemmeno ventiquattro ore conta più di venticinquemila visualizzazioni e sono sicuro crescerà ancora un bel po’ nelle prossime ore. Sono numeri impressionanti per un Teatro da meno di mille posti, sono numeri impressionanti per un contenuto culturale di questo livello, il pomeriggio di Santo Stefano.
Un Teatro che vive e resiste anche a porte chiuse, cui va riconosciuto il merito di aver messo insieme professionisti di indubbio valore artistico per una produzione corale e di altissimo livello. In un periodo in cui non sono mancate anche altre occasioni forse più mainstream dove di nuovo il palcoscenico di Ferrara farà da sfondo alla musica suonata. Pochi giorni fa la messa in onda del concerto di Natale di Francesco Gabbani e Andrea Griminelli, il 30 dicembre di nuovo un concerto con la Cantata d’autore di Simone Cristicchi. Di nuovo lo streaming protagonista, di nuovo musica registrata e ripresa nel migliore dei modi possibili ed offerta gratuitamente al pubblico. In attesa di tempi migliori stupisce vedere quante persone attendono, seguono, condividono, commentano eventi come questi, che pure hanno i loro limiti evidenti rispetto alle versioni live.
Senza streaming in quanti avrebbero potuto godere della lezione di Baricco pagando un biglietto per avere un posto a sedere? Avrebbero apprezzato di più lo spettacolo dal vivo? Certamente si, ma in questa maniera le persone raggiunte dalle sue riflessioni sono state un numero di gran lunga superiore. Con un piccolo compromesso decine di migliaia di persone si saranno forse appassionate alla musica di Beethoven per la prima volta, o avranno voglia di riscoprirlo prendendo in mano un disco già presente in casa e mai considerato.
Una cosa che non morirà con il 2020 o con questa epidemia sono invece i leoni da tastiera, i troll dei social e chi sparge veleno su ogni iniziativa per il gusto di farlo o forse la noia di questi pomeriggi invernali. Mi ha un po’ stupito leggere i commenti dal vivo durante l’evento di ieri, in una finestrella di YouTube che si aggiornava ogni pochi secondi con un mucchio di parole del tutto inopportune. La moda di commentare in diretta social gli spettacoli, di solito televisivi o di interesse nazionale come Sanremo o X-Factor non è nuova, ma vedere in quanti si sono presi la briga di commentare ogni passaggio dello spettacolo mi ha un po’ stupito. Si tratta di un rumore di fondo che non si addice ad uno spettacolo teatrale, nemmeno ad uno cinematografico o musicale a dire il vero. A nessuno sano di mente verrebbe in mente di distrarsi perdendo il filo di quanto sta ascoltando, per chiedere a chi è presente in sala l’età dei partecipanti, per fare i puntini sulle I ad ogni aneddoto e teoria musicale raccontata, per deridere chi non capisce di musica o chi apprezza l’autore torinese da anni. Un chiacchiericcio da bar assordante e che distrae, il lato oscuro della medaglia di questo strumento che il progresso ha portato forzatamente in ogni casa quest’anno.
Dire che “Baricco non capisce niente di musica” è ovviamente un’enorme sciocchezza, ma in diversi lo hanno voluto mettere nero su bianco, irrompendo nel flusso di commenti dello spettacolo, nel tentativo di rubare la scena al protagonista almeno per qualche secondo. Inutile ribadire che un autore teatrale, uno scrittore, perfino il primo che passa per strada e sale su un palco è libero di impostare uno spettacolo come vuole, lasciandosi trasportare dalle sue emozioni per comporre un affresco, una suggestione, uno stimolo visivo e auditivo capace di far sognare e riflettere chi ha davanti.
In questo Baricco è da sempre un Maestro, rivolgendosi in primis ad un pubblico di studenti che non saprebbero che farsene di teoria, dettagli sulla composizione di una Sinfonia o altre amenità che lasciamo a chi studia musica. Il grande merito dello scrittore torinese è stato saper mettere il cuore avanti alle parole, lavorando di fantasia e accostando immagini tra loro per dare una chiave di lettura, del tutto personale ma non per questo meno universale, a musiche che molti di noi hanno sentito migliaia di volte, per ascoltarle e considerarle in modo nuovo.
Dovrebbe diventare un modello: in un’epoca dove la soglia di attenzione è sempre più bassa e dove i ragazzini si stancano dopo poco di ogni cosa che non li veda diretti protagonisti, l’unico modo per parlare di musica senza suonare uno strumento è fare sognare almeno un po’ chi ascolta, rendendolo partecipe della nostra passione. A cos’altro dovrebbe servire altrimenti la musica, se non a farci sognare?