13 Maggio 2013

Se un Bottiglione ci fa paura

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C’è una parola che da un mese a questa parte sta facendo molto discutere in città, dividendo l’opinione pubblica come in passato già era successo ogni volta che si era parlato di divertimenti notturni e giovani, due temi che quando vengono associati, chissà perché, fanno sempre nascere scintille. La parola in questione è Bottiglione.
Facciamo un passo indietro per spiegare di che si tratta. Dice Wikipedia:

“Con il termine spagnolo botellón si definisce un fenomeno diffuso in Spagna dalla fine del Novecento in cui sono prevalentemente coinvolti giovani che si ritrovano in gruppi numerosi per consumare all’aperto bevande alcooliche o analcoliche, bibite, tabacco. […] L’obiettivo è quello di bere in compagnia senza la necessità di spendere molto denaro in locali, pub o discoteche.”

La moda dalla Spagna si è poi spostata rapidamente in altri paesi d’Europa ed è giunta anche in Italia complice il tam tam della rete che globalizza le abitudini e le mode. A Ferrara nonostante già presente in qualche maniera da anni è un fenomeno che è tornato alla ribalta da un paio di mesi complice una pagina Facebook e il passaparola.
Funziona così: l’appuntamento è fissato tramite internet in un luogo, che a Ferrara è stato stabilito in Piazza Ariostea. Ci si porta da bere da casa oppure no, ci si arrangia per passare la serata insieme e fare conoscenza con altri amici. Se ognuno sparge la voce ai propri conoscenti la catena in poche ore è capace di raggiungere migliaia di persone. Un fenomeno che potrebbe essere sfuggito a molti cittadini che non abitano in zona, che nasce e si muove sulla rete, quasi nell’anonimato, se si esclude che molte delle foto dei partecipanti sono disponibili proprio in rete sui social network.
Per saperne di più contatto uno degli organizzatori. Ci incontriamo in un bar del centro con Alex, nome di fantasia, che sulle prime è un po’ spaventato perché non sa chi io sia realmente e quali siano le mie intenzioni, ma poi mi racconta qualcosa di più.
Gli abitanti della zona di Piazza Ariostea hanno chiamato la Polizia più volte durante queste manifestazioni – fino a questo momento appena due nei weekend, una al mese da questa primavera – per lamentare schiamazzi, risse, urla e musica. Un paio di ronde senza che facessero nulla non constatando reati o altro che richiedesse un intervento delle forze dell’ordine. Allora i residenti hanno raccolto oltre cento firme, sono andati in Questura e persino dal Sindaco a chiedere che venga fatto qualcosa per impedire queste manifestazioni. Divieto di vendita di alcolici, divieto di assembramento al di fuori di eventi organizzati, eccetera.
Ma che fanno di male Alex e i suoi amici?
“In verità nulla. Non c’è nulla di illegale o di organizzato. Il bottiglione non è un evento, non facciamo le locandine con gli sponsor e il programma della serata. Non succede nulla di ufficiale: tecnicamente siamo un gruppo di amici che si ritrova per passare una serata insieme all’aperto. Siamo io ed altri venti o trenta studenti universitari che abbiamo fatto partire tutto e vogliamo solo divertirci, senza che qualcuno ci punti il dito contro dandoci dei delinquenti. Io ho tutti bei voti all’università, lo stesso posso dire di molti altri, siamo ragazzi normalissimi ma facciamo paura.”
In effetti fino a prova contraria nulla vieta il ritrovo all’aria aperta per passare una serata tra amici. Che ci si porti una birra da casa, si compri un gelato o un alcolico da uno dei bar della zona, la scusa è stare in compagnia, conoscere nuove persone, allacciare rapporti senza per forza rinchiudersi in un locale con la musica troppo alta per parlare. Il paragone con i mercoledì sera universitari in piazza è lampante.
“Qualcuno porta le chitarre spontaneamente per suonare e cantare, non c’è musica amplificata, non capisco come sia possibile che i residenti lamentino rumore fino alle 4 del mattino quando Piazza Ariostea è una conca e a pochi metri di distanza il suono già va perdendosi” spiega Alex.
Quello che ha destato preoccupazione sono le bottiglie di birra lasciate in giro, mozziconi di sigaretta. Poi quando si radunano molte persone il cretino c’è sempre: qualche bottiglia rotta, cartacce lasciate in giro. Alex ed altri amici si sono impegnati a fine di ogni serata per ripulire il più possibile tutto quanto. I cestini sono quelli che sono ma andrebbero forse potenziati e qualcuno dovrebbe dotare l’area di maggiori contenitori da tenere a portata di mano, per evitare la tentazione di gettare tutto in terra con noncuranza. Chi sta provando a portare avanti il Bottiglione sa bene che è su questo terreno che ci si gioca tutta la credibilità della faccenda. Sulla pagina Facebook il giorno prima dell’ultimo raduno ad aprile si legge:

“Ragazzi ricordate di portare con voi, oltre alle bottiglie, buste e senso civico. Questa possibilità di fare il Bottiglione non ci è dovuta da nessuno, quindi rispettiamo gli spazi comuni e puliamo ciò che sporchiamo. Non è troppo difficile. Grazie.”

Alex è seccato ma pronto a combattere una battaglia difficile: “Vogliamo andare in Comune, trovare un accordo. Non è possibile che si vieti del tutto una serata che ha un risvolto sociale pacifico e sereno per colpa di episodi di insofferenza verso i soliti giovani che bevono si ubriacano e rovinano una via o una piazza.”
E’ una storia già vista qualche anno fa con gli street bar in via Carlo Mayr, poi in Saraceno. E’ così anche in altre città nonostante si finisca sempre per accusare il ferrarese di volere la propria città morta e silenziosa: come ci sono tanti residenti del centro storico che odiano il Palio e i suoi tamburi, ce ne sono altrettanti che affollano Piazza Municipale e Ariostea per le gare di maggio, ma fanno notizia solo i primi perché sono quelli che scrivono ai giornali e chiamano la polizia.
Anche per il Bottiglione da un lato c’è il cittadino che vuole riposare in pace, che si infastidisce al solo pensiero di un raduno di studenti e ragazzi, dall’altro il diritto di chi vuole godersi l’aria aperta e occupare spazi pubblici cercando di rispettarli, fino al momento in cui la cosa ingrandendosi finisce per penalizzare tutti per via di qualche episodio spiacevole nel mucchio. Si chiama Legge dei grandi numeri, funziona da sempre.
Perché quello che il cittadino medio spesso non tollera è quando si muovono in massa i cosiddetti “giovani”. C’è sempre chi ci vede l’alcolismo in mezzo, la droga, il vandalismo e la violenza gratuita. “Ma al Bottiglione c’è gente di ogni età, fino a professionisti di quarant’anni vestiti fighetti, mica solo universitari fuorisede.” assicura Alex. E pensare che un gruppo di ragazzi che ha bevuto troppo in Piazza Ariostea ed è arrivato in bici o a piedi sia più pericoloso di un ragazzo che esce ubriaco da una discoteca, o di un imprenditore che pippa coca nel bagno di un locale del centro, di un alcolizzato in un bar dei cinesi nel quartiere di periferia, forse sta esagerando un po’ ed ha una visione distorta di come va il mondo.
Soluzioni? La partita si gioca ora: Alex chiederà maggiori cestini per raccogliere l’immondizia al comune, o provocatoriamente navette per raggiungere spazi più esterni alla città (parco urbano?), ben sapendo che non verranno concessi e snaturerebbero la spontaneità della festa. I cittadini chiederanno di non vendere alcolici agli esercenti della zona con conseguente fiorire di venditori abusivi e sottobanco che faranno fortuna, o l’ordinanza che vieta il consumo di alcolici all’aperto la sera. Vedi alla voce Bologna, Via Zamboni.
Il proibizionismo ha risolto la questione in passato in una città fortemente universitaria? Forse per qualche tempo si mette a tacere questa o quell’altra zona, ma si riproporrà sempre altrove qualche movimento con nuove persone, nuove idee. Nuove forme di feste che hanno in comune la semplice voglia di stare insieme che è desiderio di grandi e piccini da quando esiste il mondo e disturberanno qualche abitante della zona.
Forse la soluzione sta proprio nel dialogo tra cittadini che si lamentano e chi vive la piazza di notte durante feste e ritrovi. Varrebbe la pena conoscersi, guardarsi in faccia per far valere le proprie ragioni, trovare un accordo a metà strada che salvi capra e cavoli senza passare alle maniere forti. Lasciando da parte il Comune e le sue ordinanze, cercando nella civiltà e nel rispetto la soluzione ad ogni male, dovessero mettersi in trenta persone a raccogliere cartacce dopo ogni festa per evitare che i bimbi della San Vincenzo trovino un solo mozzicone il mattino seguente.