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Sono trascorsi ormai oltre tre mesi da quando LoSpallino.com ha annunciato da un giorno all’altro la sospensione a tempo indeterminato delle pubblicazioni. Più che un addio definitivo un arrivederci a data da destinarsi, arrivato un po’ a sorpresa e doloroso sia perché si tratta di una testata storica legata alla tifoseria spallina, sia perché quella appena finita è stata un’estate di passione sotto molti aspetti per i tifosi biancazzurri. Oltretutto in giro nessun giornale ne ha dato conto, come da pessima tradizione italica dove “sul mio giornale non nomino mai il tuo”, e in generale il timing di questo commiato è stato parecchio sfortunato. Nelle ore immediatamente successive il rumor che Joe Tacopina era stato avvistato in città per incontrare i Colombarini ha completamente offuscato la visibilità della notizia, anche negli ambienti sportivi.
Per farmi raccontare meglio la situazione e capire se e quando tornerà mai online la testata che meglio di qualunque altra ha saputo raccontare gioie e dolori biancazzurri in questi anni, ho incontrato Alessandro Orlandin, direttore responsabile della testata, nonché collaboratore di Filo e vecchio amico.
Iniziamo dal principio: sei ancora convinto della scelta o nel frattempo hai avuto qualche ripensamento?
I ripensamenti nascono soprattutto dalla stima e dall’attenzione che tanta gente ha riservato a LoSpallino nell’ultimo periodo. Non c’è stato giorno in cui almeno una persona mi scrivesse per chiedere se ci fossero novità o per invocare il ritorno all’attività, proprio per fornire un contributo al racconto delle intricate vicende societarie degli ultimi tempi. Al tempo stesso ogni volta subentra il senso di realismo che ha portato alla scelta, che di fatto era stata rinviata di un anno. Già la stagione 2019/2020 l’avevamo vissuta in condizioni di emergenza e un’ulteriore annata sportiva vissuta con le conseguenze della pandemia globale ha inevitabilmente presentato il conto. Il dispiacere mi accompagna ogni giorno, perché alla fine è sempre un peccato dover rinunciare a un lavoro che si fa con passione e che è tutto sommato apprezzato dalle persone.
Diamo un po’ di numeri per inquadrare il contesto: quanti lettori aveva LoSpallino?
Senza voler scomodare i numeri delle stagioni dell’ascesa verticale della SPAL (2016-2018), in linea di massima il pubblico era all’incirca di 40-50 mila utenti singoli per un totale di circa 2,5 milioni di pagine visualizzate all’anno.
Con un archivio di articoli ormai voluminoso e un bel gruppetto di collaboratori.
Prima dello stravolgimento dei campionati causa-Covid pubblicavamo all’incirca 1.200 articoli nell’arco di una stagione. Il gruppo dei collaboratori si è ristretto nel corso degli anni, passando da una ventina di persone a una decina. Nessuno dei collaboratori faceva (o fa) il giornalista di mestiere: si trattava di ragazze e ragazzi – alcuni dei quali iscritti all’ordine dei giornalisti – che lo facevano come seconda attività, in nome della passione per la SPAL o per l’informazione sportiva in generale.
Come hanno reagito i lettori? Che cosa hanno chiesto in particolare?
Come ho detto ci sono state diverse reazioni e in molti casi continuano a esserci. Il sentimento generale abbina dispiacere e comprensione per le ragioni della scelta di fermarsi. Per il resto la richiesta più comune è quella di tornare in attività per rispondere a una domanda di informazione che è ancora molto forte. Soprattutto perché tanta gente era convinta che LoSpallino, in un modo o nell’altro, sarebbe ripartito in contemporanea col campionato e questo invece non è avvenuto.
E dalla SPAL nessun segnale di riconoscimento o dispiacere per la situazione?
Faccio una premessa: non avevo particolari aspettative a questo riguardo. A maggior ragione per il periodo nel quale la sospensione è avvenuta, con la SPAL nel bel mezzo di un potenziale passaggio di proprietà. Detto questo, qualche messaggio c’è stato e l’ho apprezzato.
La sospensione delle pubblicazioni a molti è sembrato un addio dovuto prima di tutto al Covid, ma voleva essere anche un grido di allarme per la situazione in cui versa l’informazione indipendente, spesso priva del sostegno economico necessario per rimanere in vita. Qualcosa si è mosso in questi mesi?
Non molto, ma anche perché nel frattempo è arrivata l’estate e i tempi del calcio sono spesso incompatibili con quelli di eventuali strategie aziendali. Con la ripresa del campionato qualche piccolo segnale si è registrato e spero possa portare quantomeno ad abbozzare un progetto di rilancio. Inoltre un piccolo ma significativo numero di lettori ha espresso il desiderio di partecipare ad un crowdfunding per far ripartire LoSpallino ed è senz’altro un altro segnale incoraggiante.
Eppure la strada del crowdfunding, che pure era stata sondata tra i lettori alcuni mesi fa, sembra non percorribile, o quantomeno non è sufficiente da sola. Quanti lettori sarebbero disposti a donare e quali cifre?
Non ho mai pensato non fosse percorribile! Più che altro la considero una strada in forte pendenza, quello sì. Ci si può provare, ma l’attuale contesto socio-economico mi preoccupa molto: è in corso una gravissima crisi e il sentimento generale mi sembra ancora quello della paura. In un quadro del genere spendere 20 o 25 euro per una donazione richiede un livello di convinzione che non tutti potrebbero avere. A settembre 2020 realizzammo un piccolo sondaggio che coinvolse un migliaio di partecipanti: emerse che tanti, pur apprezzando molto la testata, non ritenevano di doverla (o poterla) sostenere materialmente, per le ragioni più disparate. Se organizzassimo un crowdfunding con un obiettivo impegnativo – diciamo compreso tra i 5 e i 10mila euro – potremmo benissimo rischiare di rimanere a metà del guado senza concludere granché, col risultato di trascorrere un ulteriore anno nelle difficoltà che già conoscevamo. C’è poi un altro tema: un crowdfunding serio richiede un’organizzazione rigorosa e una comunicazione convincente che lo accompagnino. Ma se si parte da zero, o quasi, è veramente dura costruire una campagna che non suoni esclusivamente qualcosa del tipo: “Ci servono dei soldi, che ne direste di darceli?”. Così non funziona. Vorrei che si creasse davvero un senso di solidarietà e appartenenza in cui le persone si possano sentire parte attiva de LoSpallino, creando con esso un rapporto in grado di andare oltre al contributo economico.
Per continuare ad essere una voce indipendente nel panorama sportivo locale LoSpallino non dovrebbe dipendere economicamente in alcun modo dalla squadra che racconta. Che tipo di investitori ti piacerebbe si avvicinassero al progetto?
Anche qui è doverosa una premessa: in condizioni normali, per una testata che esiste da più di dieci anni e ha ottenuto determinati risultati, ci dovrebbe essere un editore che curi gli aspetti relativi alla raccolta dei fondi. L’approccio indipendente ci ha permesso di sperimentare, sbagliare e in alcuni casi innovare. Ma ad un certo punto, per crescere o anche solo consolidarsi, è indispensabile una struttura. Noi non abbiamo mai avuto la possibilità di averla e presumo che questo abbia a che fare anche col rapido declino della pubblicità tradizionale, ma anche con le dimensioni del mercato in cui siamo collocati.
Campare di banner a Ferrara sembra impossibile.
In maniera comprensibile qualcuno ha osservato che avremmo dovuto saturare di banner le nostre pagine, come peraltro fanno moltissime altre realtà che operano nello stesso campo. Questo però avrebbe tolto a LoSpallino una qualità che personalmente apprezzo sempre nelle testate online: la pulizia visiva e la facilità di accesso ai contenuti. Da utente detesto dover chiudere otto pop-up per leggere venti righe di testo, mi sembra sempre una scorrettezza che sul lungo termine aliena le persone e le allontana da una testata. Per cui se arrivasse un editore e chiedesse di fare clickbait selvaggio sui social o di pubblicare articoli dai titoli ambigui relativi ai post di Instagram delle mogli dei giocatori ci si infilerebbe in una situazione ancora peggiore di quella attuale. Mettiamola così, in termini abbastanza utopistici: servirebbe un editore illuminato, in grado di comprendere che la forza principale de LoSpallino sta nel suo approccio onesto nei confronti della sua comunità, che di fatto va in controtendenza rispetto a certa altra informazione sportiva online di carattere generalista. In assenza di un interlocutore di questo genere il modello ideale allora sarebbe quello misto: finanziatori in ambito commerciale uniti ai lettori, qualcosa tipo Il Post, ma in scala molto più piccola.
Facciamo due conti della serva.
La linea di galleggiamento è attorno ai 10mila euro. Con quel tipo di budget nessuno ci rimette dei soldi. Dentro ci sarebbero i costi tecnici (dominio, server, webmaster), le trasferte, i compensi per i collaboratori, i servizi fotografici, gli abbonamenti a servizi di scouting e cose simili. Lì ci siamo quasi sempre arrivati, ma la vera sfida è quella di creare un profitto, soprattutto per le persone che dedicano maggior tempo alla cura della testata. Anche perché fino a che si hanno 25 o 30 anni si può anche pensare di farlo esclusivamente per passione, ma dopo una certa soglia subentrano tanti altri aspetti decisamente delicati sotto il profilo professionale e personale.
E per non galleggiare ma provare a crescere?
Senza voler esagerare con un budget di 20-25 mila euro LoSpallino potrebbe viaggiare senza problemi e pure crescere ulteriormente, magari attraendo altri ragazzi che sognano di fare informazione sportiva e quindi garantire un ricambio generazionale a una scena locale che ne ha davvero poco. Non eravamo andati così lontani dall’avvicinarci a quella soglia nella stagione 2018/2019, ma fu un’eccezione dovuta alla sbornia da serie A. A questo proposito però devo ammettere di aver commesso almeno un paio di errori che avrei evitato volentieri. Il primo è stato quello di andare oltre le effettive possibilità nei momenti critici, trasmettendo la sensazione che LoSpallino ci sarebbe stato a prescindere dagli eventi che lo circondavano. Il secondo è stato quello di non essere sufficientemente aggressivo nella raccolta commerciale. Ho, abbiamo, sempre usato un approccio molto prudente e garbato, ma non credo abbia pagato più di tanto. Gli affari sono affari e bisogna anche sporcarsi un po’ le mani.
Soldi a parte c’è un altro ragionamento da fare: ha ancora senso una testata dedicata all’informazione sportiva su una squadra, al tempo dei social e degli uffici stampa che fabbricano da soli interviste, video e tanto altro materiale? Sembra che i club siano sempre meno interessati all’approfondimento di qualità.
In generale la risposta è sì, le testate sportive locali hanno ancora senso, ma dipende da cosa vogliono offrire alle persone. Se devono diventare collettori degli uffici stampa e rimestatori di cose scritte da altri direi di no. Se invece vogliono provare a fare ordine, spiegare perché avvengono certe cose, proporre analisi e ricostruzioni e coinvolgere i lettori allora hanno ancora un ruolo da svolgere. Il problema è che di norma le società vedono di buon occhio il primo modello, per ovvie ragioni. La disintermediazione senz’altro ha tolto un po’ di lavoro ai giornalisti, ma la gente sa benissimo che quella è solo la facciata di un mondo che funziona in modo molto più complesso e comprende anche tante zone oscure. I club e i relativi uffici stampa possono fare anche cose straordinariamente belle e interessanti, ma le domande le faranno sempre i giornalisti, seppure sempre più ostacolati nel loro operato da regole talvolta ottuse che nella maggior parte dei casi vengono imposte dall’alto, ad esempio dalle leghe professionistiche.
Non sarebbe nell’interesse della SPAL collaborare con voi per produrre uno o più format con la qualità e l’analisi che sapete fornire, offrendo così qualcosa di più interessante ai tifosi?
Per lungo tempo ho pensato fosse la cosa più sensata per tutti, ma non è mai successo nonostante i tentativi fatti. Soprattutto negli anni di serie A si sarebbero potute produrre cose interessanti e invece l’accesso ai protagonisti s’è fatto ancora più problematico. Da un lato posso capire che arrivati ad un certo livello si debba dare priorità ai media nazionali, ma dall’altra non vedo perché quelli locali debbano sostanzialmente raccogliere le briciole. Non è un principio che riguardava solo LoSpallino, ma che coinvolgeva anche le altre testate ferraresi. Alla fine ci si è adeguati ed è andato perso anche un po’ di slancio, salvo qualche rara eccezione. Perché non si voleva sentire dei “no” dati praticamente per scontati o passare attraverso percorsi fatti di mille paletti. È un peccato, perché credo che la Spal, per quelle che sono le sue dimensioni e quelle del pubblico di riferimento, potrebbe ampiamente permettersi di avere un approccio più aperto nei confronti di tifosi e media.
All’annuncio della sospensione era seguito anche un invito a registrarsi ad una newsletter per ricevere contenuti a tema SPAL sotto nuove forme: quando partirà il progetto?
Non c’è un orizzonte temporale vero e proprio: voleva essere uno strumento extra per mantenere il contatto con la componente più fedele del nostro pubblico e l’idea era quella, ad un certo punto, di ricompensarla con analisi e contenuti esclusivi realizzati per essa. Avevo pensato di farla partire tra settembre e ottobre, una volta trascorso il periodo di disintossicazione dalla routine quotidiana della gestione del sito.
Visto che ci siamo, approfittiamone per parlare un po’ di SPAL, i lettori abituali saranno curiosi di sapere il tuo commento sui fatti estivi più recenti. Iniziamo dai Colombarini: una scelta giusta e comprensibile quella di vendere a Tacopina?
Direi proprio di sì. I Colombarini hanno ceduto perché la situazione si era complicata e rischiava non solo di rovinarne il ricordo per i posteri, ma anche intaccare seriamente le loro risorse personali. L’entusiasmo e l’energia avevano lasciato spazio all’ansia e alla stanchezza. Non è un caso che Simone Colombarini abbia sottolineato a chiare lettere che per molti anni a venire non vorrà più sentir parlare di coinvolgimenti diretti nello sport. La famiglia ha fatto ciò che ogni imprenditore assennato avrebbe fatto: ha cercato alternative, evitando accuratamente di cedere il club a gente che lo avrebbe portato in acque torbide. Ne ha trovata una decisamente valida, per quanto completamente diversa da quella che ha bene o male contraddistinto la storia precedente della società.
Cosa ne pensi del nuovo Presidente? Inizia una nuova era di soddisfazioni e acquisti di peso o abbiamo alle spalle anni irripetibili nel breve periodo?
Tacopina è uno showman dotato di carisma naturale e non si può negare sia un professionista di grande successo, oltre che un catalizzatore di energie e interessi. Potrei sbagliarmi, ma mi pare sia ricordato con affetto sia a Bologna sia a Venezia e non si può dire che abbia lasciato entrambe le società in cattive mani. Di due cose i tifosi della Spal avevano bisogno dopo un anno e mezzo orribile: entusiasmo e speranza. Tacopina se le porta dietro. Poi cosa riuscirà a fare non ne ho proprio idea.
Possiamo sognare di nuovo la massima serie?
La vera sfida nel breve termine è quella di fare in modo che la Spal diventi una società solida, in grado di competere stabilmente in serie B senza bruciare troppo denaro. Una volta che ci sarà questa base presumo si possa tentare di portarla su un gradino successivo.
Quanto è rimasto della Spal di Leo Semplici?
Della Spal di Semplici non è rimasto nulla, se non qualche reduce ormai di lungo corso tipo Vicari o Mora. Ma per il resto la società ha fatto di tutto per voltare pagina. Con Di Biagio, Marino e Rastelli è andata piuttosto male, per cui ora c’è una certa curiosità attorno a Pep Clotet.
Che squadra sarà questa “formato Real”?
Clotet è indubbiamente un allenatore ambizioso e che ha un’idea di calcio contemporanea, votata all’attacco. Bisogna solo capire quanto tempo impiegherà a dare un fisionomia ad un organico che è stato cambiato tantissimo dal giorno del suo insediamento.
Capitolo Mazza: la beffa dei sigilli sembra far tornare l’incubo di non poter utilizzare lo stadio rinnovato per gli incontri casalinghi, poi la Procura ha sbloccato la situazione. Il braccio di ferro è solo agli inizi?
È davvero difficile da dire. A sentire chi c’era dentro la storia sembrava virtualmente chiusa già mesi fa e invece è riesplosa. Immagino che per un po’ di tempo si andrà avanti con una battaglia di perizie e relazioni tecniche fino a che qualcuno dovrà sborsare i soldi per ulteriori interventi strutturali. Tacopina ha già detto che non sarà certo la Spal a farlo, ma se questa dovesse diventare l’unica soluzione praticabile per accogliere di nuovo il pubblico mi sa che dovrà scendere a compromessi. Di sicuro sarà una preoccupazione notevole da qui alle prossime settimane, se non mesi.
Radio, tv, social: dove ti vedremo in questa stagione calcistica appena iniziata, se non su LoSpallino rinato come l’araba fenice?
Al momento vivo la mia condizione di tifoso della Spal con partita Iva e tesserino dell’ordine dei giornalisti. Non ho ricevuto particolari proposte, se non per iniziative abbastanza circoscritte, e sto prendendo questo tempo per dedicarmi a progetti collaterali in altri ambiti. Vorrei poter continuare a raccontare lo sport, quello sì, e forse lo farò mettendo in piedi qualcosa con l’amico e collega Guido Foddis, con il quale ho condotto per diversi anni il programma radiofonico “Che Centrattacco!” su Radio Sound. Ma al momento la mia vita professionale è un cantiere aperto, proprio come lo è stata la Spal dal giorno in cui LoSpallino è stato messo in pausa.