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Quasi non riesco a ricordare la prima volta che sono entrato nella vecchia scuola di Contrapò ora sede del circolo Arci Contrarock. Era il 2007 suppergiù ed eravamo un gruppetto sparuto di musicisti ed amici – ci facevamo chiamare Coconutz, forse ci avrete sentito in giro – che in cerca di una sala prove aveva ottenuto il permesso di utilizzare una stanza per suonare. Un progetto comunale di recupero degli spazi che coinvolgeva oltre a noi il Baule Volante, la Banda di Cona, l’Arci Ragazzi e Gli amici di Contrapò. Ogni associazione aveva la sua stanzetta, portava avanti le sue attività, badava al suo orticello convivendo sotto lo stesso tetto.
Poi sono arrivati altri gruppi a suonare nella stessa sala, sono cambiate le regole, le convenzioni, gli accordi tra le associazioni e il Comune: era il momento di fare qualcosa di più per il territorio, di offrire qualcosa in cambio dell’ospitalità che avevamo avuto e non essere più semplici musicisti che utilizzavano uno spazio comune. Nacque Contrarock, ne facevano parte quattro band, era l’inizio del 2009: ricordo che abbiamo messo le firme, stappato una bottiglia di qualche vino scadente, e faceva piuttosto freddo. Il primo obiettivo era organizzare feste, eventi, aperitivi, promuovendo band ed artisti emergenti. Certe domeniche qualcuno suonava dal vivo, c’era chi esponeva quadri, fotografie, idee. C’era da bere e da mangiare in maniera molto informale ma forse era proprio il bello perchè con il passaparola il numero di amici presenti aumentava di volta in volta. Sembravamo un locale senza esserlo, il tutto era un po’ spartano ma abbiamo sempre preferito dire “alla vecchia”. Che non è una signora anziana, ma una filosofia di vita del fare le cose in maniera genuina, arrangiata e ruspante, sincera. Proprio come una volta.
Nuove band sono sopraggiunte nel tempo a suonare in sala prove, altre sono uscite, nel mentre abbiamo coinvolto amici, fidanzate, mogli, moltiplicando idee e possibilità. Gli appuntamenti dentro la scuola sono aumentati, e due in particolare sono diventati momenti chiave di tutta l’attività: l’Utòbarfest, festa della birra nostrana di metà settembre, e il concertone del Primo Maggio. Due idee di sicuro non nuove, ma interpretate a modo nostro ogni volta in maniera diversa ed originale. Noi abbiamo sempre preferito dire “alla vecchia”.
Ieri si è chiusa la maratona di due giorni denominata The Working Dead: l’idea era celebrare la festa dei lavoratori decretando la morte del lavoro, denunciando i morti sul lavoro, rinfacciando la morte dei diritti di chi un lavoro precario già ce l’ha. Ma la maschera triste è solo una farsa nella festa del Lavoro di Contrarock e il clima è comunque spensierato: si festeggia la sera del 30 aprile nel grande giardino sul retro con una serata Anni ’80, si replica con una maratona musicale ed artistica da pomeriggio a sera il giorno seguente. Presenze in costante aumento anno dopo anno nonostante il tempo incerto, basta lavorare bene ed essere pronti a gestire ogni emergenza. E ce ne sono state sempre, al punto che la macchina è ormai altamente specializzata ed ognuno sa quello che deve fare con prontezza.
Lo sa bene Riccardo, che di Contrarock è il presidente: giorni interi a controllare le previsioni meteo imprecando per l’incertezza che è molto peggio di una giornata certa di pioggia o di sole. Quando verso le 19 inizia a piovere coordina lo spostamento di tutta la festa all’interno della scuola e in venti minuti scarsi tutto è pronto a ripartire: ci sono da spostare spinatrici di birra, frigo, strumentazioni per la musica. Ieri ci ha perso un’unghia del piede ma va bene così, a fine giornata la soddisfazione per il pienone batte ogni possibile dolore.
Lo sa bene Piero, che a Contrarock gestisce da anni la cassa e il conto da cui attingere per le piccole spese, che tiene in ordine con rigore da bravo bancario. Di giorno lo vedete in giacca e cravatta nella City a parlare di tassi variabili, di sera dismette i panni lavorativi per indossarne di più comodi e correre a Contrapò per dare una mano, suonare, fare balotta. Alla fine è come una seconda casa per molti, una famiglia che ogni giorno si allarga coinvolgendo persone volenterose e disponibili.
Lo sa anche il Ciuzz, che con i suoi capelli lunghi potrebbe sembrarvi un metallaro uscito direttamente dagli anni ’90 ma invece suona tra le altre cose del rock con influenze folk e punk e ha un cuore grande così. Se vi saluta e vi chiama Cioufi non abbiatevene a male: lo dice con tutti. A Contrarock siamo tutti un po’ cioufi. Monta e smonta un palco in poche ore, e a sto giro ha prodotto un sontuoso bancone da bar ricavando il legno da vecchi pallet con l’aiuto di altri amici. Sa che con la pioggia non si scherza: la strumentazione è da coprire, vanno staccati mille cavi e portati dentro per riallestire in fretta e far ripartire la macchina della festa, o la gente finirà per andare a casa.
E ci sono Bomberman, Max, Enry che spinano le birre e preparano il ginpelmo (lo storico cocktail inventato da queste parti) con le Pietre in Tasca, un gruppo reggae tra gli ultimi entrati a Contrarock ma da subito vitali per tutte le attività organizzate. C’è l’Euge che mette la musica e cerca un cavetto per l’iPod che è scarico, mentre la sera prima ha fatto ballare centinaia di persone ripescando chicche di quando eravamo più giovani. C’è Ale, che ha radunato artisti e fotografi per un’esposizione suggestiva nelle stanze rimaste libere della vecchia scuola, Rigo che è sempre il primo ad arrivare e l’ultimo ad andare via e se serve una mano non si tira indietro.
E poi i writers di Articiok, che a Contrarock hanno la loro sede ed hanno ridipinto tutti i corridoi e le sale tra graffiti e forme geometriche strane che conferiscono alle stanze un’aria quasi da galleria postmoderna. La Ciufola e il gruppo delle Chappiners che allestiscono con pazienza coloratissimi mercatini di oggetti rigorosamente hand made e quando inizia a piovere sono giustamente deluse ma al prossimo giro saranno ancora presenti con il sorriso sulla bocca. Quando c’è da dare una mano non si tira indietro nessuno: perfino io e Luca, che quanto a lavori manuali siamo negati, cerchiamo di fare il possibile senza far danni. Manuela che ci guarda arrabattarci anche solo per spostare un gazebo ride di gusto. Sforno la mia vecchia scusa: io lavoro al computer!
Infine il grande sostegno di tutto il paese: l’associazione Amici di Contrapò coinvolge tutti gli abitanti di questo borgo alle porte di Ferrara. Qualche anno fa trovandoci per primi ad arrivare in un paese nuovo li abbiamo coinvolti nelle nostre attività. Sono tanti e ben organizzati. Arrivano dalle loro case che sono a pochi metri dall’ex scuola all’inizio della strada provinciale: signore anziane, pensionati e qualche nipotino, tutti impegnati ai fornelli tra una piada e una fetta di torta. Alla pioggia sono abituati: una cerata imbastita alla bene meglio e si continua a grigliare salsiccia e verdure.
Ed eccolo il grande cuore di Contrarock, dove ognuno ci mette del suo, si occupa di quello che sa fare, spendendosi nel tempo libero che ha. Un luogo dove quando c’è da faticare non ci si tira indietro, dove c’è chi alza la mano per offrirsi volontario e fare le pulizie ogni mese. Incredibile no?
Per alcuni è quasi un’occupazione: il lavoro che scarseggia o manca del tutto lascia a disposizione molte ore del giorno per organizzare, aiutare, allestire via via i numerosi eventi che vengono proposti. E’ il rovescio della medaglia del precariato italiano, un lato alla fine positivo se si costruisce qualcosa di bello ed utile. Nato come semplice gruppo di amici, ed oggi in grado di radunare estate ed inverno centinaia di persone che grazie alla rete e al passaparola sono ad ogni giro di più. E ieri c’erano i ragazzi di Zuni, quelli del Patchanka, o la cricca di Portomaggiore e del Columbus. Un buon segno per la piccola Ferrara che collabora attivamente facendo rete. Senza la pretesa che un posto così diventi un locale a tutti gli effetti, senza sponsor di alcun tipo, senza quasi contributi ma con la voglia di provare a divertirsi facendo divertire. Alla vecchia, come ci piace fare da sempre.