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Come giugno, ogni estate, si presenta cauto e sferzante di giornate assolate, così i Colombarini, sul piede di guerra, tentavano di fare in quel 22 giugno in cui il fuoco delle parole sulla cessione della Spal veniva alimentato da quel ‘andremo avanti, ma non possiamo più permetterci perdite economiche’. Chi vuole intendere intenda.
E mentre luglio riportava il tricolore lungo le strade dello Stivale, accerchiando tutto il popolo attorno al più sano e sanguigno dei patriottismi, Ferrara piano piano andava defilandosi da questa improvvisa ventata di unità che pervadeva l’estate italiana, e si chiudeva sempre di più in una stretta di mano a stelle e strisce.
Ma se luglio da sempre prepara al gran finale e si comporta da “fresco” antipasto di mare, ci pensa agosto, come ogni estate, a sbatterci in faccia la realtà: quella dei 40°C, delle ferie, del mare, della piadina sotto l’ombrellone… e anche quella malinconica e forse troppo realistica del fatto che la Spal, presto, non avrà più un presidente che fa le conferenze in dialetto e canta ‘a sen di grez e di aldamar’ sotto la curva.
Superfluo e ridondante dire che dalla fusione tra la piccola e sfacciata Giacomense, e la malconcia e dal nome osceno Real Spal, nessuno si sarebbe aspettato i risultati che sono poi finiti sotto gli occhi di tutti.
La famiglia Colombarini è stata inconfutabilmente artefice di uno dei più importanti miracoli sportivi italiani degli ultimi anni, ha riportato una società come la Spal ai fasti arrugginiti del presidentissimo Mazza, ha fatto leva su persone fidate e del posto, con Walter Mattioli in primis (quello del “raffinato” coro, per chi non ne fosse al corrente), ha costruito un progetto solido, rinnovato uno stadio che si vedeva ormai annoverabile tra i vari Filadelfia e Sant’Elia. Il tutto con l’ineguagliabile e più che invidiabile vanto dell’essere una proprietà di provincia, che investe (e bene) nel suo territorio.
Non sarà un banalissimo ‘non esistono più le bandiere’ a farla da protagonista in questa analisi, ma il romanticismo nel calcio finisce proprio qui, quando si passa dal lato sportivo a quello industriale. Non si vogliono, e non si devono, fare i conti in tasca ai Colombarini, ma con i soli dati conosciuti (vedi operazioni di mercato o lavori al centro sportivo), e con le stesse parole della ormai vecchia proprietà si capisce quanto al giorno d’oggi non ci sia margine d’errore né possibilità di esporsi troppo senza avere le spalle ben coperte. Abbiamo vissuto sulla nostra pelle il fallimento, abbiamo visto con i nostri occhi squadre scomparire dalla faccia del professionismo: non potevamo e non potevano più permetterselo.
E così, quella che quel 22 giugno ronzava come una fastidiosa ma allo stesso tempo allettante notizia di mercato, diventa realtà in due diversi momenti: 18 luglio, Joe Tacopina e la famiglia Colombarini firmano un accordo preliminare di cessione della società; 13 agosto, la Spal è ufficialmente ed interamente statunitense, con buona pace dei nostalgici walteriani (sottoscritto compreso).
Un passo al mese, in punta di piedi, Joe Tacopina si è preso la Spal: volto ormai noto nel panorama calcistico italiano, l’avvocato di Chico Forti ha deciso una volta per tutte di essere il frontman delle sue azioni, di prendere un giocattolo già bello che avviato, porsi al comando e puntare ad espanderlo finché possibile.
Aveva iniziato nel 2011, quando da intermediario aveva portato gli americani a Roma, tramite una cordata che lo vide poi diventare vice presidente; ci ha messo poi la faccia qualche anno più tardi, comprando un Bologna che viveva gli anni del limbo tra serie A e serie B, e lasciandolo stabilmente in massima serie, due anni più tardi, al suo socio Joey Saputo, con il quale aveva rilevato il club.
Tutto qui? No, perché Joe il vero ‘colpo’ lo fa con il Venezia: fallito nel 2015, Tacopina è l’azionista di riferimento del gruppo che nell’ottobre dello stesso anno acquista la società arancioneroverde e le permette l’iscrizione al campionato di serie D. Risultato: rifondazione sportiva, serie B in due anni.
La storia poi prosegue, Tacopina rimane presidente fino al 2020, quando lascia all’ambizioso milionario Niederauer, che grazie anche alle solide basi del connazionale riporta il Venezia in serie A dopo 19 anni di assenza.
E adesso? Pare che il 50enne newyorkese volesse comprare a tutti i costi il Catania (probabilmente per origini familiari siciliane e per passione personale), ma bloccato dalle grosse difficoltà economico-societarie degli etnei, abbia virato su Ferrara; attenzione però, guai a chiamarci seconda scelta: il neo presidente già da tempo aveva messo gli occhi sui biancazzurri, e se i suoi apprezzamenti dovessero essere solo frasi di circostanza, spetterà comunque ai fatti l’ultima parola.
Ferrara accoglie Tacopina con un centro sportivo tra i più all’avanguardia del professionismo, un settore giovanile che spesso e volentieri fornisce benzina per i motori delle nazionali under, una tifoseria che non ha bisogno di presentazioni (e di cui non parlo perché non mi piace farmi troppi complimenti), e uno stadio che (sequestro a parte…) è un gioiello per la città e non solo: lo testimoniano il fatto che ospiterà le partite casalinghe dello stesso Venezia durante i lavori al Penzo, e che nel 2019 è stato inserito nei 26 stadi finalisti al concorso mondiale ‘Stadium of the year’. Bastano come referenze.
Insomma, se fino ad ora le gesta dell’avvocato sono state per lo più positive, la Spal gli offre la possibilità di migliorarsi ancora ed entrare nell’Olimpo dei patron del campionato italiano, partendo già da fondamenta più che affidabili.
L’obiettivo dichiarato è la serie A entro due-tre anni, senza pressioni giustamente, ma per rimanerci, alzando sempre più l’asticella (nei limiti del possibile chiaramente); Joe imparerà presto che qui nessuno chiede la luna, e che non serve fare salti mortali: la precedente gestione ha già coronato quello che per molti era un lontanissimo sogno (la serie A), e reso realtà quella che nel nuovo millennio si stava trasformando in utopia (la serie B): per questo la città sarà loro eternamente riconoscente.
Nelle sue prime settimane biancazzurre il neo presidente ha già mostrato ai suoi nuovi sostenitori ciò di cui è capace: lasciando da parte l’intervento economico, si registrano già una partnership di mercato con il Real Madrid, un ampio progetto di Spal Academy oltreoceano, oltre che una tagliente decisione nel porre come punto di riferimento il più che vincente modello Atalanta, per una Spal bella e… ‘internazionale’: è infatti l’unica squadra di B con allenatore straniero, Pep Clotet, che al di fuori dei risultati, ha già iniziato a far breccia nei cuori spallini dopo le prime uscite assolutamente convincenti (e finalmente divertenti).
Capacità comunicative, serietà d’intenti, gran voglia di mettersi in gioco e di espandere il marchio: le premesse ci sono tutte, Tacopina è forse l’ultimo regalo della famiglia Colombarini alla città, il canto del cigno di chi si sta facendo da parte ma vuole farlo con la classe che lo ha sempre contraddistinto.
Alle caratteristiche e alla leadership del presidente, si aggiungano l’entusiasmo e il calore della piazza, che sposa e affianca da sempre chi sa trattarla come si deve, e che intanto è tornata a spingere ed esultare nel “fortino” Mazza. Lui, nel frattempo, ama vivere la città, farsi immortalare mentre si allena con la squadra, manda videomessaggi ai tifosi o si ferma per strada a parlare con il fortunato di turno.
Degna di nota anche la breve storia Instagram della Spal, in cui dopo una foto e un autografo, il presidente ammonisce un tifoso che gli dice ‘ci vediamo allo stadio’, correggendolo con un ‘ALLA SPAL’, tradizione e istituzione a Ferrara. Pare già ambientato, bene così.
Non ci resta che augurare buona fortuna, anzi stavolta si, meglio rimanere su un banalissimo Good Luck Joe, che Ferrara sia con te.